Da feudo delle milizie fedeli a Teheran a terreno di scontro tra Israele e Turchia. Da ieri è questo il nuovo volto della Siria. Un cambio d'immagine anticipato già lunedì sera dal premier israeliano Benjamin Netanyahu pronto, ha detto, a «cambiare il volto del Medioriente». Una promessa concretizzatasi già lunedì notte, quando i cacciabombardieri israeliani hanno distrutto la marina militare siriana e colpito alcuni depositi di armi chimiche e di missili a lungo raggio. Operazioni subito rivendicate dal ministro della difesa Israel Katz, che ha confermato la distruzione delle navi siriane parlando di «grande successo». Ma i raid sono stati duramente condannati dalla Turchia che ha denunciato la «mentalità dell'occupazione» di Israele. «In questo momento delicato in cui emerge la possibilità di arrivare alla pace e alla stabilità tanto attese dai siriani, Israele mostra ancora una volta la sua mentalità di occupante - sottolinea un comunicato del ministero degli esteri di Ankara che - condanna con forza l'avanzata di Israele sul territorio siriano in violazione dell'Accordo sul disimpegno del 1974». Condanne ribadite da Recep Tayyip Erdogan durante una telefonata con Giorgia Meloni, in cui il presidente turco ha definito «un'aggressione» i raid israeliani aggiungendo che «questo atteggiamento non contribuisce alla stabilità della Siria». La premier ha ribadito «l'importanza di preservare l'unità e l'integrità territoriale della Siria e di assicurare una transizione pacifica e inclusiva che possa anche contribuire alla stabilità regionale». Ma la tensione resta alta. Le incursioni erano state anticipate lunedì dal ministro degli esteri israeliano Gideon Saar che aveva accennato alla necessità d'impedire la caduta di armamenti strategici «nelle mani degli estremisti».
A differenza delle nazioni occidentali, Israele crede poco alle promesse di Abu Mohammad Al Jolani, l'ex-terrorista capo di Hayat Tahrir Al Sham, che dopo la conquista di Damasco si è detto pronto a collaborare con la comunità internazionale. «Siamo intenzionati - ha detto ieri Netanyahu, spiegando di aver eliminato l'80% delle capacità militari dell'esercito siriano - a fare tutto il necessario per garantire la nostra sicurezza. In questo contesto, ho autorizzato l'aviazione a bombardare le capacità militari strategiche lasciate dall'esercito siriano, affinché non finiscano nelle mani dei jihadisti». Intenzioni anticipate lunedì dal suo ministro degli esteri. «Non faccio il profeta e non so quel che succederà in futuro - aveva detto Saar - ma è importante fare subito tutti i passi necessari a garantire la sicurezza d'Israele». Tra questi vi è l'avanzata oltre la zona demilitarizzata del Golan.
Secondo fonti siriane, le avanguardie israeliane si sono attestate a Beqasee, villaggio parecchi chilometri oltre la parte siriana della fascia smilitarizzata del Golan. Il villaggio, distante 25 chilometri da Damasco, si trova alle pendici del Monte Hermon raggiunto già domenica dalle forze israeliane. Secondo il ministro della difesa Kaatz, l'operazione punta a creare una «zona di sicurezza libera da armi strategiche e infrastrutture terroristiche». Ieri mattina i portavoce israeliani avevano smentito invece le voci su una presunta avanzata fino alle porte di Damasco.
Le operazioni israeliane fanno seguito all'ordine di Netanyahu di assumere il controllo della zona smilitarizzata stabilita nel 1974, sette anni dopo l'occupazione israeliana del Golan. Un territorio annesso da Israele nel 1981, ma considerato ancora territorio siriano dall'ordinamento internazionale.
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