«Spiati a nostra insaputa dalla Procura, che ha violato la legge». Sigfrido Ranucci l'altra sera a Di Martedì su La7 ha criticato i magistrati che hanno osato indagare sulla trasmissione. Dopo anni a tirare la volata ad alcuni pm, rilanciandone acriticamente persino le ipotesi più strampalate che poi si sono schiantate in Cassazione, si è rotto il giocattolo Report? Pare di sì.
Di cosa si lamenta sulla tv di Urbano Cairo il conduttore della trasmissione d'inchiesta Rai, con Bianca Berlinguer (pare) imbufalita per l'ennesimo favore alla concorrenza? Che i pm abbiano violato la sua privacy e quella del suo collaboratore Giorgio Mottola. Benvenuti nel club dei giornalisti intercettati. Certo, forse Ranucci pensava di avere le guarentigie previste per i parlamentari o semplicemente di essere legibus solutus, sciolto dalle leggi. E invece i pm del filone romano vogliono capire bene l'origine del video da 28 secondi che il 23 dicembre 2020 riprendeva Matteo Renzi e l'ex 007 Marco Mancini all'Autogrill di Fiano Romano, realizzato da un'insegnante che ora rischia quattro anni per quelle immagini rubate e spedite (invano) al Fatto quotidiano - non al Giornale o al Corriere della Sera - e due mesi dopo a Report. «Ha visto un'inchiesta su Renzi e ha pensato di mandare le immagini anche a noi. Il caso vuole che io mi renda conto che il personaggio è Mancini. Poteva essere una polpetta avvelenata ma - insiste - abbiamo appurato che il padre era malato, che medicinali prendesse, abbiamo visto il telepass e verificato che fosse un'insegnante. Ti rivelo un segreto: nella puntata del 14 giugno avevamo chiesto a Renzi di venire in trasmissione con lei, stravolgendo il format per la prima volta in 25 anni». Ma niente. E che cosa fanno invece i pm romani? «Hanno tirato giù legittimamente i tabulati e hanno rintracciato la professoressa, violando il segreto sulla fonte e senza passare da un giudice». Tutto vero. «Noi non siamo indagati - sottolinea il vicedirettore Rai - ma vogliamo tutelare la nostra fonte perché è un cittadino che partecipa a pieno titolo all'esercizio del diritto di cronaca». E qui Ranucci non cita l'indagine della Procura di Ravenna per diffamazione e rivelazione di segreto di Stato, anticipata dal Giornale, dove è stato interrogato assieme a Mottola e alla papessa di Vatileaks 2 Francesca Chaouqui, rea di qualche rivelazione di troppo (poi mandate in onda) proprio a Mottola, né il conduttore Giovanni Floris glielo ricorda. Dovere d'ospitalità, forse. «Così tutte le vostre fonti sono bruciate», dice invece il conduttore di Di Martedì.
E Ranucci annuisce, non prima di strizzare l'occhio a Giorgia Meloni («È della Garbatella come me»), per poi tirare per la giacchetta i magistrati: «Documento vero, gestione della fonte trasparente. È cambiato l'atteggiamento delle Procure? Due ex parlamentari hanno veicolato due dossier falsi su di me ma la magistratura non è andata a fondo». Povero Ranucci, scaricato dai pm. Mala tempora currunt.
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