La strage di Ustica è solo uno dei tanti misteri che hanno caratterizzato la storia della Prima Repubblica e di cui, nonostante inchieste giudiziarie e giornalistiche, processi e sentenze, ancora oggi non si è arrivati a una verità condivisa. Pier Paolo Pasolini in uno dei suoi «Scritti Corsari» definì quella stagione «il romanzo delle stragi» in un formidabile j'accuse passato alla storia della letteratura italiana: «Io so. / Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpe istituitasi a sistema di protezione del potere)». In una distinzione tra mondo politico e ceto intellettuale Pasolini scriveva: «Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. / Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. / Io so perché sono un intellettuale».
È riassunto tutto nelle sue parole il dibattito su una stagione della storia italiana che ha lasciato dietro di sé una scia di morti e di mistero e di cui la Strage di Ustica, tornata alla ribalta delle cronache dopo le parole di Amato, è uno dei principali avvenimenti ma non il solo.
Poche settimane fa aveva fatto discutere un post di Marcello De Angelis su un'altra strage italiana, quella di Bologna, in cui il già parlamentare e già direttore del Secolo d'Italia aveva espresso dubbi sulla sentenza suscitando un polverone mediatico e politico che ha portato alle sue dimissioni dal ruolo di portavoce del presidente della Regione Lazio. Al netto della considerazione del diverso trattamento ricevuto da De Angelis rispetto ad Amato, i mandanti e gli esecutori della Strage di Piazza Bologna sono stati per anni un tema di discussione e indagine. Tanti sono ancora i punti oscuri del rapimento Moro a partire dalle famosa seduta spiritica mentre non è mai stata fatta piena chiarezza sulla presunta trattativa stato-mafia nonostante il processo. Che dire poi di personaggi come Licio Gelli e del ruolo della P2 in un confine tra istituzioni e ambienti opachi mai ben definito. Non è un caso che Rita Di Giovacchino abbia usato come sottotitolo al suo Il libro nero della Repubblica «criminalità e politica» a testimoniare un intreccio di interessi segreti e centri di potere oscuri che si sono incrociati con quelli dello Stato. A complicare ancora di più le cose il ruolo avuto da potenze straniere e dai servizi segreti dei paesi occidentali che hanno reso l'Italia per una stagione tutt'altro che breve un crocevia di interessi molteplici e mai del tutto chiariti con episodi e situazioni talmente incredibili da sembrare la trama di un romanzo. Per questo molte ricostruzioni in apparenza clamorose e bollate come «complottiste» si sono rivelate dopo anni come veritiere a partire dalla pista francese sulla strage di Ustica.
Di certo le sorprese del «romanzo delle stragi» non finiscono qui e arriverà un giorno in cui la profezia di Pasolini si avvererà quando «un uomo politico deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, ma su cui, a differenza di me, non può non avere prove, o almeno indizi».
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