«Inadeguato». La sinistra ha deciso: Ignazio La Russa non è degno di fare il presidente del Senato, e ora deve dimettersi. Ieri è partita anche una raccolta di firme, promossa dal gotha delle conventicole ideologiche di marca vetero e neo comunista.
Il nemico pubblico numero uno ora è lui. Esponente di punta di FdI, ex Msi, An e Pdl, oggi seconda carica dello Stato, La Russa è il nemico perfetto. L'ultima goccia, le dichiarazioni sull'attentato via Rasella, un totem della Resistenza comunista, ma il vaso dell'insofferenza nei suoi confronti è traboccato da tempo, praticamente dal giorno della sua elezione a Palazzo Madama, tanto che ora viene fatto passare come «sanzione» pure il non-invito al 25 aprile di Milano - fatto a dire il vero usuale - mentre il presidente dell'Anpi, il già cossuttiano Giancarlo Pagliarulo, sentenzia che La Russa «dovrebbe avere la coscienza delle dimissioni» e la segretaria Pd Elly Schlein gli fa eco: «Non è adatto a ricoprire il ruolo».
Ma cosa è successo? Venerdì, parlando di via Rasella '44, La Russa ha definito l'azione partigiana condotta contro un reparto delle forze d'occupazione tedesche come «una pagina tutt'altro che nobile della Resistenza», avventurandosi poi in una ricostruzione secondo la quale a rimanere uccisi nell'azione gappista «furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS».
Si è messo in moto un crescendo indignato e ostile: l'europarlamentare Pd Pierfrancesco Majorino ha definito il presidente del Senato come «il solito pseudo fascistello», Oliviero Toscani è arrivato a liquidare La Russa come «un caso clinico». La Russa intanto si è scusato. «Ho sbagliato - ha detto - a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti, ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio. Non so poi se effettivamente è errata la notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona, che i riservisti altoatesini inquadrati nella polizia tedesca facessero anche parte della banda militare del corpo». «Fatte salve le persone che hanno commentato pretestuosamente e in prevenuta malafede - ha aggiunto - voglio invece scusarmi con chi anche in forza di resoconti imprecisi abbia comunque trovato motivi di sentirsi offeso».
Niente da fare. «Non bastano le scuse - ha commentato Schlein - C'è un tentativo di riscrivere la storia». Ma prima ancora è stato sbandierato il non-invito al 25 aprile. «Non è affatto automatico - ha spiegato il presidente di Anpi Milano Roberto Cenati - anzi, dal 2009 solo due presidenti hanno parlato dal palco». «È chiaro che al corteo partecipa chiunque vuol partecipare» ha concesso Cenati, aggiungendo poi che «la decisione era stata presa da tempo», ma certo le parole di La Russa - ha sottolineato - sono davvero infelici». «Il presidente del Senato - ha detto - dovrebbe essere un punto riferimento per tutti, e lui sta facendo un'azione divisiva denigrando la resistenza». «Se dovesse presentarsi spontaneamente? Non parlerebbe».
A metà pomeriggio è venuta fuori la petizione, con tante firme dei soliti noti della sinistra-sinistra. L'appello per chiedere le dimissioni di La Russa l'ha lanciato Rifondazione comunista: «Il presidente del Senato deve dimettersi - si legge nel testo -.
Le sue esternazioni sulla Resistenza sono un falso storico, la negazione di atti giudiziari, un'offesa alla Resistenza e un inquinamento delle responsabilità storiche del fascismo e del nazismo». Tra le prime firme, l'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti, poi Moni Ovadia, Vauro Senesi e tanti altri.
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