I numeri non mentono. Nel 2017 in Italia sono stati avviati 6500 procedimenti per abuso d'ufficio. Ma solo 57 volte si è arrivati a una condanna definitiva. Una percentuale bassissima. Il dossier presentato ieri dall'ex ministro Enrico Costa in parlamento parla con le tabelle più che con i discorsi. L'abuso d'ufficio insomma non funziona e provoca danni maggiori di quelli che vorrebbe risolvere: migliaia di faldoni aperti dalle procure del Paese, ingenti spese legali, anni di attesa e poi quasi sempre la scoperta della non colpevolezza. Ma il prezzo che l'Italia paga è troppo alto: la cosiddetta paralisi della firma, anzitutto, che blocca delibere e atti amministrativi di cui nessuno si vuole prendere la responsabilità nel timore di denunce e indagini; poi le inchieste lentissime che tengono gli indagati nel limbo per periodi interminabili, costringendoli a pagare gli avvocati prima di arrivare ad una conclusione che, il 97 per cento delle volte, è di assoluzione.
Costa non ha dubbi, mostra le famigerate tabelle che certificano il fallimento dell'articolo 323 del codice penale e presenta una proposta di legge per abolire il reato che azzoppa i sindaci ma non tutela le legalità.
Le cifre sono appunto imbarazzanti: migliaia di procedimenti avviati ogni anno per arrivare a un pugno di condanne o patteggiamenti. E dunque il deputato di Azione chiede di eliminare dal nostro codice l'illecito penale sostituendolo con una sanzione amministrativa. Il tutto mentre in Commissione giustizia alla Camera si susseguono le audizioni degli esperti. L'idea prevalente è che si andrà ad una rimodulazione, questo il termine usato, del reato perché Giulia Bongiorno e la Lega non ne vogliono sapere di una eventuale cancellazione, dunque il Governo sta cercando una difficile mediazione fra le diverse anime della maggioranza, quella più sensibile alle garanzie e l'altra, più attenta alle pene.
Le opposizioni fanno la loro parte e lanciano l'allarme. «Dalle audizioni tenute in Commissione giustizia - affermano le deputate 5 Stelle Valentina D'Orso e Carla Giuliano - emerge che le proposte di legge del centrodestra non risolverebbero il problema della paura della firma ma al contrario colpirebbero la tutela della legalità e minerebbero i principi di rango costituzionale di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione».
Dall'altra parte il vicepresidente del'Anci Stefano Locatelli lancia una sorta di appello perché in un modo o nell'altro si intervenga per dare uno scudo ai primi cittadini: «Oggi i sindaci sono sovraesposti, bisogna intervenire in questo settore come su altri. Solo in questo modo si potrà migliorare l'azione istituzionale e amministrativa dei primi cittadini e restituire agibilità, certezza e dignità ad un ruolo che negli anni è stato esposto ad imputazioni penali troppo spesso infondate».
Si ritorna dunque al dossier e alla fabbrica dei processi, dell'ansia e delle assoluzioni. I meccanismi vanno rivisti anche se l'ennesima riforma, in mancanza di un intervento drastico, potrebbe rivelarsi non risolutiva.
Nel 2021 si sono iniziati 5418 procedimenti, ma ancora una volta al filtro dell'udienza preliminare c'è stata la decimazione: 4465 si sono chiusi nella stanza del gup o sono finiti su un binario morto attraverso il rito abbreviato per «cause diverse dalla prescrizione», come precisato dal Ministero della giustizia.
Alla fine nello stesso anno si contano 27 condanne - nove davanti al gip e diciotto in dibattimento - e 35 patteggiamenti.
Ha senso esercitare l'azione penale più di cinquemila volte per portare a casa risultati così modesti? O meglio, il gioco vale i pesi che carica sulle spalle degli amministratori? «Sull'abuso - spiega il vicepremier Matteo Salvini - stiamo lavorando con Nordio. Entro maggio la revisione arriverà in consiglio dei ministri». Il reato verrà alleggerito e circoscritto, chissà se basterà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.