Reattivi, preparati e ovunque. Le armi segrete dei carabinieri

Nemmeno le teste di cuoio avrebbero fatto meglio dei nostri sei militari. Temprati da terrorismo e mafie

Reattivi, preparati e ovunque. Le armi segrete dei carabinieri

«Italians do it better». Gli italiani lo fanno meglio. Gli americani l'hanno capito in Afghanistan. Lì i militari italiani hanno dimostrato non solo di saper combattere, ma anche di saper fare quello che ad altri proprio non riesce. Ovvero reagire agli imprevisti agendo al di fuori di schemi e automatismi. Immaginate se Osseynou Sy fosse entrato in azione su una superstrada dell'Ohio, della California o dell'Illinois. La Guardia Nazionale avrebbe isolato i dintorni, sul posto sarebbero intervenute le Swat - le unità speciali con blindati e mezzi militari - e il signor Sy sarebbe stato ridotto ad un colabrodo. Ma probabilmente l'epilogo sarebbe stato assai più infausto. Da noi sei normalissimi carabinieri usciti da anonime stazioni di periferia a bordo di comuni utilitarie hanno fatto il miracolo.

Ma non è stato un caso. Come non lo fu quello del 23 dicembre 2017 quando due giovani poliziotti in servizio a Sesto San Giovanni, individuarono, fermarono ed eliminarono il terrorista Anis Amri sfuggito, in Germania, ai più rigorosi controlli e trasformatosi nell'uomo più ricercato d'Europa. Ma qual'è il segreto? Come mai carabinieri e poliziotti malpagati, spesso denigrati, costretti a pagarsi da se divise ed attrezzature o a risparmiar benzina per non intaccare i bilanci di Stato mettono a segno azioni degne delle migliori teste di cuoio straniere? Uno degli elementi fondamentali è la capillare presenza sul territorio. Solo l'Italia vanta oltre 4500 stazioni territoriali dei Carabinieri guidate da rodati marescialli capaci di abbinare la conoscenza dei luoghi alla forza dell'esperienza.

Solo i loro carabinieri possono contare su un addestramento che abbina competenze di pubblica sicurezza, capacità investigative e tecniche militari. Ma a garantire il controllo del territorio contribuisce anche una Polizia presente e vigile anche in piccoli centri come Sesto San Giovanni. Un altro atout delle forze dell'ordine italiane è l'addestramento di base, sintesi delle esperienze maturate nel corso di oltre quarant'anni di lotta a criminalità organizzata e terrorismo. Due eredità che permettono anche ad agenti e carabinieri più giovani di reagire con prontezza.

Ma la vera eccellenza è un'italianissima capacità d'iniziativa. Sulla Paullese, come nella notte di Sesto San Giovanni, non c'era il tempo di elaborare piani e tattiche. Bisognava decidere mentre si agiva. Così hanno fatto il maresciallo Roberto Manucci e i cinque uomini che con tre macchine uscite dalla stazione di Paullo e Segrate si son messi sul tracce del pullman individuandolo e creando un artificioso ingorgo indispensabile a rallentarlo e fermarlo. Al successo ha contribuito anche la capacità tutta italiana di ricorrere alle armi solo in casi estremi. Quei sei carabinieri potevano cedere alla tentazione, assai più semplice e meno rischiosa, d'infilare un proiettile nella fronte del senegalese. Ma se il colpo non fosse stato fatale Sy avrebbe potuto appiccare le fiamme. Così per non mettere a repentaglio la vita dei bambini i sei carabinieri hanno messo a rischio le proprie avvicinandosi, parlandoci e distraendo il senegalese quanto serviva per garantire una via di fuga a insegnanti e studenti. Per farlo non hanno potuto affidarsi a mosse o tattiche preconfezionate.

In quei minuti decisivi hanno potuto contare solo sulla propria esperienza, sulla propria inventiva e sulla propria capacità d'improvvisazione.

Se vi chiedete come mai i terroristi non riescono a colpire l'Italia o perché paesi come l'Iraq cerchino i Carabinieri per addestrare le proprie polizie la risposta è semplice. Ricordatevi del maresciallo Manucci e dei suoi uomini.

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