D'accordo sul recovery fund francese, ma solo sulla formula. La sostanza del maxi fondo di salvataggio dell'economia europea, alle corde per il coronavirus, non è stata chiarita al Consiglio europeo di ieri. Anzi, la versione che stava a cuore all'Italia (e alla Francia) è per il momento caduta sotto il fuoco di fila dei paesi del Nord.
La teleconferenza tra i capi di stato e di governo dell'Ue è terminata con l'accordo ad affidare alla Commissione europea il compito di presentare una proposta dettagliata sul recovery fund entro il 6 maggio. Ursula von der Leyen dovrà quindi dare sostanza alla proposta francese passata all'Eurogruppo di istituire un fondo di salvataggio di circa 1.000 miliardi di euro (ieri si è parlato di «migliaia di miliardi», in realtà si tratta di una leva su uno stanziamento molto minore, poco superiore ai 300 miliardi).
Una «risposta solida ed efficace» per il premier Giuseppe Conte, un successo «per l'Italia e i Paesi che hanno spinto per questa soluzione», secondo il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. In realtà lo stesso presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha spiegato che ci sono «sensibilità diverse» e il promotore dei recovery fund Emmanuel Macron ha ammesso che non c'è «nessun consenso» sulle modalità di erogazione dei fondi. La Francia ha chiesto di puntare su un piano fatto non solo di prestiti, ma soprattutto di trasferimenti a fondo perduto. In una intervista al Financial Times uscita ieri lo stesso Gualtieri aveva spiegato che per l'Italia il punto dirimente era proprio quello di evitare prestiti e puntare su trasferimenti. La presidente della Bce Christine Lagarde ha sponsorizzato l'idea di un fondo «forte e flessibile».
Ma la Germania e gli stati del Nord hanno detto no, aprendo la strada a un ulteriore aumento del debito italiano. «Deve essere chiaro che i fondi per la ricostruzione dovranno essere successivamente rimborsati», ha detto esplicitamente il cancelliere austriaco Sebastian Kurz.
Aperta anche un'altra questione chiave, cioè dove trovare le risorse. La linea che è prevalsa ieri è quella tedesca, di riprogrammare i 1.000 miliardi del bilancio europeo. Quindi, di fatto, aumentare la percentuale dei bilanci nazionali da destinare a Bruxelles fino al 2%. È la linea della cancelliera tedesca Angela Merkel. Niente mutualizzazione del debito che richiederebbe una modifica ai trattati, subito, dal primo giugno, il «pacchetto da 500 miliardi» approvato all'Eurogruppo.
La commissione di Ursula von der Leyen punta su un sistema misto, in parte bond, in parte risorse del bilancio. Come il vecchio piano Juncker. Poi, trasferimenti a fondo perduto, ma anche prestiti.
Gli unici interventi passati sono quelli veloci ai quali ha fatto riferimento Merkel, le misure approvate all'ultimo contestatissimo (in Italia) Eurogruoppo. Quindi Sure, finanziamento europeo per 300 milioni a favore degli ammortizzatori sociali, rifinanziamento della Bei.
Ma anche la nuova linea di prestiti senza condizione del Mes, approvata anche ieri. Il punto per l'Italia non è quindi se fare passare la modifica al salva stati (che piace anche a Spagna e Francia), ma se aderire o meno al prestito da 36 miliardi per la sanità.
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