Un regalo per Erdogan: la testa del suo nemico

Per il generale Flynn, candidato alla Difesa, Gulen "è il Bin Laden turco"

Un regalo per Erdogan: la testa del suo nemico

Alcuni dicono che farà subito a pezzi il trattato di libero scambio con Canada e Messico (Nafta). Altri che straccerà la riforma sanitaria (Obamacare) voluta da Barack. Per sapere davvero come si muoverà Donald Trump occorre pazienza: l'inauguration day è previsto per il 20 gennaio 2017. Uno dei molti segnali di discontinuità del prossimo presidente Usa potrebbe riguardare la politica estera e i primi indizi fanno gola ad Ankara. «L'Islam radicale trae la propria forza dai predicatori radicali come Gülen, che è un impostore. E noi non dovremmo fornirgli rifugio». Con queste parole pubblicate su TheHill il generale Michael Flynn ha duramente criticato Fethullah Gülen, l'imam, politologo e letterato turco residente in Pennsylvania dal 1999. Antico sodale di Recep Tayyip Erdogan, il predicatore islamico classe 1941 è oggi il suo arcinemico. La rottura fra l'organizzazione Hizmet («il Servizio») di Gülen e il Partito della Giustizia e dello sviluppo fondato da Erdogan si è consumata nel 2013. E se in passato l'imam e l'uomo di stato hanno combattuto fianco a fianco per sdoganare l'islam politico nella Turchia laicista di Ataturk, da tempo i due sono in rotta di collisione. Di più: Erdogan e il suo governo accusano Gülen e Hizmet ribattezzato in Turchia «Fetö», ossia organizzazione del terrore gulenista di aver infiltrato i gangli dello Stato per prenderne il controllo. Peggio ancora, Gülen è indicato come il mandante del fallito golpe dello scorso 15 luglio. Da allora in Turchia vige lo stato di emergenza e decine di migliaia di dipendenti pubblici (magistrati, poliziotti, accademici, insegnanti, funzionari ministeriali) sono stati arrestati con l'accusa di complicità con Fetö. Altri 100 mila lavoratori sono stati licenziati in tronco, e decine di canali radiotelevisivi, giornali, riviste, case editrici sono stati chiusi perché in odore di «gulenismo». Ankara ha chiesto l'estradizione di Gülen a più riprese ma Obama non l'ha mai concessa. L'editoriale apparso su TheHill cambia le carte in tavola perché il generale a riposo Flynn non è solo uno dei consulenti della campagna di Trump, ma è fra i papabili come segretario alla Difesa.

Flynn con Gülen ci va giù durissimo: «Si definisce un moderato, ma è un islamico radicale che si fa forte dei suoi soldati dormienti in attesa dei suoi ordini. Visto da Ankara, noi stiamo proteggendo un Osama bin Laden turco». In altri passaggi, l'alto ufficiale paragona il predicatore «a un altro tranquillo clerico barbuto che stava sotto a un albero di mele alla periferia di Parigi», ossia a Ruhollah Khomeini, il leader della rivoluzione islamica in Iran. Flynn denuncia anche i legami fra Hizmet e la famiglia Clinton, trovando eco nella stampa turca per inciso rigorosamente controllata da Erdogan secondo cui Gülen avrebbe versato 2 milioni di dollari a favore della campagna elettorale di Hillary.

Le parole del generale hanno allarmato gli avvocati del predicatore, che hanno chiesto al presidente eletto di non esercitare pressione sui giudici Usa. Saranno loro a stabilire se nelle carte fornite da Ankara si ravvisino gli estremi per l'estradizione.

Sulle tracce del suo nemico ormai da anni, Erdogan saprà aspettare ancora qualche mese. Di certo, una svolta anti-gulenista dell'amministrazione Trump favorirebbe un poderoso riavvicinamento fra Usa e Turchia, «un paese vitale per gli interessi americani» nelle parole di Michael Flynn.

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