Regionali, allarme di Toti: "Sono curioso di vedere chi finanzierà i candidati"

L'ex governatore: "Tornassi indietro non chiederei più soldi ai privati"

Regionali, allarme di Toti: "Sono curioso di vedere chi finanzierà i candidati"
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Il tema è lo stesso i soldi destinati a finanziare la politica ma tra i modi diversi di declinarlo ci passa un oceano di mezzo, letteralmente: quello Atlantico. Così mentre negli Usa Kamala Harris miete finanziatori di altissimo profilo per foraggiare la sua campagna elettorale (tra i tanti che oliano la sua corsa ci sarebbe pure l'inossidabile George Soros, il cui patrimonio sfiora i 7 miliardi di dollari), in Italia i soldi erogati dagli imprenditori per finanziare la politica e i politici non sono affatto altrettanto in voga. Se n'è accorto, osservatore suo malgrado interessato visti i recenti avvenimenti, l'ormai ex governatore della Liguria Giovanni Toti.

Inevitabile, come si diceva. Lo scorso maggio, il teorema accusatorio della procura di Genova che aveva spedito l'allora presidente della regione Liguria dal suo scranno ai domiciliari era connesso proprio a questo tema: secondo le toghe liguri, infatti, come contraltare di una serie di finanziamenti peraltro dichiarati e tracciati piovuti sul suo comitato elettorale da vari imprenditori (tra gli altri, dall'ex presidente del Genoa e del Livorno Aldo Spinelli e da suo figlio Roberto), Toti avrebbe assicurato agli elargitori alcuni favori, o quantomeno concesso agli stessi corsie preferenziali all'interno della macchina regionale per gli iter di loro interesse.

Un terremoto, un sisma così violento che lo stesso Toti di fronte al Riesame, pur ribadendo la correttezza del proprio operato, a giugno scorso si è spinto a dichiarare che «oggi non chiederei più soldi ai privati per fare politica». Tutto sommato niente affatto l'ammissione di una leggerezza ma piuttosto una conclusione lapalissiana, visto che, pur se regolarmente dichiarati, i finanziamenti ricevuti per la sua campagna elettorale e per il suo movimento politico avevano finito per condurlo ai domiciliari: tanto bene non gli avevano fatto.

Così adesso, tornato libero a inizio agosto dopo essersi ritrovato nei guai proprio per quei soldi ricevuti dal modo delle imprese e della finanza che invece, oltreoceano, sono al centro delle cronache politiche a stelle e strisce, commenta amaro sui social proprio le presidenziali, viste sotto la luce delle «abitudini italiche al doppiopesismo. «Seguendo sul web le elezioni americane, mi spiegate perché per certa gente chi finanzia la campagna di Kamala Harris è un santo e chi invece finanzia quella di Donald Trump, come Musk, è un diavolo? », esordisce Toti, limitandosi inizialmente a chiedersi il perché il corso dei dollari verso i candidati venga visto con due pesi e due misure a seconda del «ricevente». Praticare questa «doppia morale», osserva caustico Toti, ricordando come farlo sia tipico di una «certa sinistra italiana», non vuol dire «essere buoni due volte, vuol dire essere ipocriti due volte». Poi arriva l'affondo, passando al punto che per l'ex governatore è ancora una ferita aperta.

«E a proposito di campagne elettorali, dopo l'inchiesta di Genova, chi avrà il coraggio alle prossime elezioni di sostenere un candidato o un movimento politico? Sono curioso di vedere che ne pensano i partiti», la sua chiosa.

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