Va bene convertire i posti in ospedale in letti Covid. Ma quando serve. Non solo per far quadrare i numeri ed evitare la zona gialla. Sarebbe un'ingiustizia nei confronti dei malati non Covid. A lanciare il nuovo allarme sono i medici delle «altre» specializzazioni che cominciano ad annusare un rischio sempre più forte per i pazienti oncologici, cardiopatici e generici, già fortemente trascurati nell'ultimo anno e mezzo. Tuttavia, finché si trattava di emergenza pandemia era giusto convertite in Covid i reparti ordinari. Ora sembra una mossa un po' azzardata se finalizzata solo ad aggiustare le percentuali per non far scattare le restrizioni. Soprattutto se si considera che gli ospedali stanno gestendo anche «l'arretrato» dei mesi scorsi, con l'onda anomala di malati cronici che vengono ricoverati in emergenza a causa di elettrocardiogrammi rinviati per mesi o tac slittate per sos Covid.
«Ricordiamoci che ci sono stati tra i 10mila e i 20mila morti per cause legate ai ritardi diagnostici e ai mancati interventi - mette in guardia Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia all'ospedale Bambino Gesù di Roma -. Non possiamo certo permetterci di trascurare le altre malattie e sacrificare i posti letto degli altri reparti perché alcune Regioni cercano di evitare i blocchi».
Gli fa eco Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e assessore alla Sanità della Regione Puglia: «Il ricorso ai letti di altri reparti non deve essere un escamotage tecnico - sostiene - ma deve corrispondere a un'effettiva risposta sanitaria. Le Regioni non facciano l'errore di considerare la zona gialla come una punizione. Se serve, serve. Ed è utile a prevenire situazioni più gravi. Per questo lo scorso inverno io avevo voluto prolungare la zona arancione, era una precauzione per stabilizzare ulteriormente la situazione».
Eppure le Regioni più a rischio restrizioni (Sicilia, Calabria e Sardegna) cercano di rimandare in tutti i modi la zona gialla, soprattutto ora che la stagione turistica non è finita. La cabina di regia del governo ha assicurato che per questa settimana, al netto dei numeri, tutta Italia resterà in zona bianca. Ma entro la fine di agosto qualche cambio di colore ci sarà per forza.
Per ora la Sicilia ha evitato per un pelo di diventare zona gialla. Ha aumentato i posti Covid in ospedale di 196 letti in più rispetto a luglio. E in questo modo ha abbassato il tasso di occupazione dei reparti, rientrando nei parametri di legge per risultare zona bianca. Il trucchetto lascia il tempo che trova ma sembra piacere anche ad altre regioni a rischio, in primis Sardegna e Calabria, che usano il giochino dei posti letto ordinari convertiti in Covid per aggiustare i numeri in bilico. A Cagliari è iniziato il valzer dei reparti e la caccia dei posti letto è partita anche in Calabria. E ogni letto convertito è un letto in meno per i malati non Covid.
La zona gialla scatta quando in una Regione è occupato oltre il 10 per cento dei posti letto di terapia intensiva e il 15 per cento di quelli in reparto. Se la media italiana si attesta al 6,95 per cento in area non critica e al 5,46 nelle terapie intensive, e quindi sembra non destare alcuna preoccupazione, alcune regioni fotografano picchi preoccupanti. La Sicilia supera il limite dell'area non critica (19,07 per cento) e per un soffio è al di sotto del 10% per le terapie intensive (9,44), la Sardegna si attesta sul 10,78% delle terapie intensive e sull'12,30% dei letti nei reparti.
La Calabria è al 14,32 per cento dei ricoveri Covid. In base all'analisi dell'Istituto superiore di sanità, sono 18 le regioni a rischio moderato di diventare zona gialla e tre (Lazio, Lombardia e Veneto) quelle a rischio basso.
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