Renzi cambia idea: sì al campo largo

Il leader Iv: "L'alleanza con 5s e Pd unico argine a Meloni". Ma fa arrabbiare tutti

Renzi cambia idea: sì al campo largo
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É il «magico potere del pallone», bellezza.

Cambiare schema di gioco in corsa, spiazzando gli avversari (e spesso anche gli alleati) è una delle specialità di Matteo Renzi, tanto più in estate. Così, ieri, ha messo a soqquadro il «campo largo» con una rumorosa scesa in campo: bisogna costruire «l'alternativa» al governo Meloni, il Pd di Elly Schlein «ha fatto cadere il veto su di noi messo nel 2022», e dunque «anche noi abbiamo l'obbligo di non metterne», neppure sui 5Stelle: «O si riapre la partita del Terzo polo, o si prende atto che il centro è decisivo solo se si allea in modo strutturale» con la sinistra.

Prima c'è stata la foto virale (rilanciata dallo stesso leader di Italia viva) dell'abbraccio tra lui e Elly nel campo della «partita del cuore»: «Lei ha segnato anche grazie al mio assist. Peccato per il gol annullato per fuorigioco», dice sornione. Poi ieri l'intervista al Corriere della Sera con cui annuncia ufficialmente la fine della «stagione dei veti» e la disponibilità a rientrare nel Fronte popolare a guida Schlein. I due, sotto sotto, se la intendono: entrambi outsider, «rottamatori» del vecchio corso, baciati dal successo dell'esordiente. Ma l'exploit pre-agostano di Renzi manda in fibrillazione il centrosinistra. Irrita Carlo Calenda, che si era tirato fuori dall'«accozzaglia» con grillini e post-comunisti e dal referendum «suicida» sull'Autonomia: «Matteo è fatto così: è una persona intelligente e abile, ma se deve allearsi con i nazisti dell'Illinois o con i marxisti-leninisti, lo fa». Spiazza il povero Conte: «Ma come, prima si vanta di aver mandato a casa il mio governo e ora dice che sono interlocutore privilegiato?», geme. «Interlocutore privilegiato, lui?», se la ride Renzi, leggendone le dichiarazioni. In agitazione anche l'ala sinistra del Pd e del campo largo, che lo vede come un pericoloso liberale, estraneo alla gloriosa storia del post-comunismo, e quell'abbraccio con Schlein lo vive quasi come un tradimento. «Ma questi sono problemi di Elly, toccherà a lei farlo digerire ai nostalgici: noi abbiamo quasi il 4% e possiamo essere decisivi in molti collegi», ragiona Renzi con i suoi. Che non sono tutti entusiasti della svolta: Luigi Marattin (che puntava a candidarsi segretario al congresso) contesta che il ruolo di Iv possa essere quello di «fare da bilanciamento riformista a chi vuole la patrimoniale, uscire dalla Nato, abolire il Jobs Act».

Gli unici pre-avvertiti dell'exploit pre-agostano erano quelli della cerchia stretta della segretaria, a cominciare dal capogruppo Francesco Boccia che, al Senato, ha grande consuetudine con l'ex premier. A chi gli chiede se è vero che sia lui uno dei tessitori del «ritorno» di Renzi, Francesco Boccia replica ridendo: «Ma con questo caldo non avete altro da fare? Io aro la terra, tra una festa dell'Unità e l'altra». Ma «Elly fin dall'inizio puntava a riaprire il dialogo con l'area centrista». Mette qualche paletto politico: «Bene l'unità, ma va praticata nelle Regioni al voto: Emilia, Umbria, speriamo Liguria». Dove Iv si è sottratta alla manifestazione dei forconi anti-Toti e appoggia Bucci a Genova. «Di giustizia bisognerà discutere seriamente nel programma», replica Renzi. Comunque «mancano tre anni al voto, e servono maratoneti», dice Boccia.

Renzi però pensa che i tempi siano più ravvicinati: «Sarà la stessa Meloni ad anticipare le elezioni, per evitare di perdere il referendum costituzionale» e risparmiarsi la finanziaria «strangolata dai vincoli» del 2026. Dunque «bisogna essere pronti con l'alternativa». Lui incluso.

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