«Matteo? E l'è un bravo ragazzo. L'ho visto crescere. Ma io ho iniziato a fare il sindacalista quando lui non era nato. Per carità, son contento che abbia fatto tanta strada, ma non la penserò mai in quel modo lì. Appena è arrivato a Palazzo Chigi si è adeguato al sistema e spartito incarichi come tutti i suoi predecessori».
A forza di richiamare gufi, alla fine il premier si è trovato il gufo più scomodo in famiglia. È Mario Renzi, ha 58 anni ed è il cugino di Matteo, anzi, tecnicamente il bis cugino, perché Mario è cugino di primo grado Tiziano Renzi, il babbo del segretario Pd. Anche lui vive a Rignano sull'Arno, il paese dei Renzi, e fa il sindacalista da 25 anni. È entrato nella segreteria regionale Uil a 27 anni e oggi ricopre il ruolo di segretario generale della Uil-Fpl Toscana, il settore che si occupa della pubblica amministrazione. Come già aveva fatto nel 2014, quando definì «una puttanata» la riforma della pubblica amministrazione e sugli 80 euro si fece una bella risata («Matteo 'un l'è mica così bischero da credere che gli 80 euro avrebbero risolto i problemi del Paese. Sapeva benissimo che ci vinceva le elezioni»), anche questa volta si mette di traverso per un'altra riforma, quella costituzionale, che potrebbe costare il posto al suo cuginetto.
Mario sta già facendo appelli ai suoi iscritti per il «No» al referendum di ottobre anche se «rimanderemo la vera campagna referendaria a dopo le Amministrative». Le motivazioni sono perentorie: «Riteniamo il referendum costituzionale un salto indietro per la nostra democrazia e anche per le tutele sindacali dei lavoratori. Appartiene a quei provvedimenti che caratterizzano questo governo e che riducono al minimo la democrazia nel lavoro. I valori vengono così calpestati. Avremo 12 percorsi diversi per approvare una legge. Meno male che dovevano semplificare! È una democrazia malata. Finirà che militarizzeranno tutto e addio!». Due anni fa il cugino Mario diceva che Matteo si ispirava un po' a Berlusconi («una intelligenza raffinata, di un livello molto alto»). Oggi a pensarla come il Cavaliere sembra essere più lui.
Mario ci tiene subito a precisare, però, che lui è un liberal-socialista «anzi, un craxiano, a differenza di mio cugino che è sempre stato democristiano. Non è culturalmente un liberale. Ma da buoni parenti non litighiamo mai e andiamo d'amore e d'accordo». Basta non toccare certi tasti. Come, per esempio, la riforma della pubblica amministrazione e il rinnovo del contratto di lavoro: «Il governo ha stanziato 3 euro a dipendente. Una riforma tanto strombazzata ma solo di facciata. Gli effetti alla lunga saranno zero. L'Italia non può andare avanti con una come la Madia che, poverina, in fondo è la meno colpevole di tutti. Il vero colpevole è chi ce l'ha messa!». Per non parlare del tasto sindacato. «Matteo ha scelto il sindacato come suo nemico.
Crede che non dialogare con le parti sociali sia una prova di forza, io la vedo come prova di debolezza».Dalla terra del padre della Costituzione, Piero Calamandrei, Mario Renzi lancia la sfida al cugino: «Se perde il referendum e va via, risponderemo come fa sempre lui: ce ne faremo una ragione».
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