Renzi chiede una commissione d'inchiesta. Al Senato tira una brutta aria per Giuseppi

Il leader di Iv salva poco o nulla dell'esecutivo e sembra pronto a sfilarsi

Renzi chiede una commissione d'inchiesta. Al Senato tira una brutta aria per Giuseppi

Al Senato tira una brutta aria per il capo del governo Giuseppe Conte nel giorno dell'informativa sull'emergenza coronavirus, dopo il passaggio di mercoledì a Montecitorio. E non solo perché le opposizioni inchiodano l'esecutivo su ritardi, inadempienze ed errori nella gestione della crisi. Ma per i numeri ballerini: basta la defezione di un gruppo di senatori (Italia viva) per far crollare tutto.

I timori del governo esplodono con l'intervento del capogruppo del M5s Gianluca Perilli che spazza via il dialogo, evocato da Conte e del Pd, per attaccare Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Il Senato può trasformarsi nella Caporetto di Conte. Per ora c'è solo la minaccia di Matteo Renzi. Ma dall'intervento del leader di Italia viva giunge un segnale chiaro: la pazienza è finita. E anche la fiducia (qualora vi sia mai stata) nelle capacità del premier di gestire emergenza e post-emergenza. Renzi salva poco (quasi nulla) della strategia messa in campo fino ad oggi dal governo per combattere il Covid-19. Mettendo in luce le falle. A partire dalla confusione generata con i numerosi decreti: «Facciamo un unico decreto, non facciamo un decreto al mese. Facciamone uno insieme. Non bastano 50 miliardi per il prossimo decreto. Deve essere l'ultimo decreto, in cui affermare con chiarezza tutto quello che serve per dire che le imprese vengono messe in condizioni di riaprire». Rispedendo al mittente il piano di 50 miliardi messo sul tavolo del premier. Senza risparmiare una bordata ai tecnici che stanno gestendo l'emergenza: «Si sono fatte commissioni d'inchiesta su tutto, penso si possa fare anche di fronte a 8.000 morti». Il senatore di Iv chiede più attenzione per la scuola e sposa la linea Draghi: «Serve liquidità. O siamo in grado di immaginare il futuro economico o faremo gli stessi errori fatti sull'emergenza sanitaria». E i malumori di Italia viva mandano in fibrillazione l'esecutivo, che senza il partito (17 senatori) dell'ex premier, a Palazzo Madama può contare su 151 voti sicuri, mentre la maggioranza assoluta è a 159. Il premier prova a uscire dall'accerchiamento, incaricando il ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà di «costruire un percorso con la minoranza in vista del nuovo decreto economico di aprile». E non solo. Anche per la futura ricostruzione e il rilancio del Paese. Rassicurazioni che non bastano all'opposizione, che non applaude al termine dell'intervento.

Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia presentano il conto del disastro. «Presidente Conte ammettere qualche errore fatto sarebbe un atto di forza non di debolezza, altrimenti non saremmo qui a commentare così tanti morti», tuona Matteo Salvini. Che lancia un appello: «Cerchiamo di evitare di passare dall'emergenza sanitaria a quella sociale. Se i soldi non arrivano la gente esce di casa, ma non per ringraziare. Mancano mascherine, nelle corsie di ospedali, nelle case perché l'emergenza fra poche settimane si trasferirà dagli ospedali alle case».

«Nessuna cambiale in bianco», avverte Anna Maria Bernini, capogruppo di Fi: «Noi dobbiamo collaborare ma non possiamo essere complici. Noi ci siamo, ma la nostra non è una presenza di testimonianza. La collaborazione non può essere obbedienza». Il confronto si chiude: Conte abbandona Palazzo Madama più debole e isolato.

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