Renzi lavora al piano B: la presidenza del Senato se il Pd fa quasi pareggio

In caso di larghe intese, il leader pretende il posto. Felice anche il partito, che se ne libera

Renzi lavora al piano B: la presidenza del Senato se il Pd fa quasi pareggio

Al Nazareno umore e sondaggi sono sempre più depressi. Lontano anni luce il 40% delle Europee del 2014, inarrivabile la soglia del 30% che fino a sei mesi fa Matteo Renzi dava per acquisita, ora è a rischio anche il 25%, quota minima per evitare la débâcle e una resa dei conti interna a cui difficilmente il segretario dem potrebbe sottrarsi. Soprattutto se venissero confermate nelle urne le ultime rilevazioni che vedono un Pd decisamente più vicino al 20 che al 25%, con una flessione drammatica in alcune regioni del Sud. In Sicilia, per dire, c'è chi teme che il crollo di consensi possa sprofondare addirittura fino al 15%. Stesso discorso per la Sardegna. Così fosse, per il Pd sarebbe un vero e proprio tracollo, con Renzi destinato a finire sul banco degli imputati con poche speranze di salvezza. E questo nonostante i nuovi gruppi parlamentari che saranno blindati da deputati e senatori ultrafedelissimi, al punto che al Nazareno c'è chi parla ironicamente di «Guardia repubblicana» del segretario. Per l'ex premier, d'altra parte, sarebbe solo l'ultima di una lunga serie di batoste elettorali: dalla disfatta alle comunali di Roma e Torino nel giugno del 2016 fino alla sconfitta in Sicilia di 4 mesi fa, passando per il fiasco referendario del 4 dicembre 2016.

Ci sta, dunque, che il segretario dem stia già studiando un piano B per cercare di uscire dall'angolo se, come sembra, l'aria dovesse farsi troppo pesante. E siccome Renzi è uno che le cose le fa in grande, l'idea che sta accarezzando da qualche giorno a questa parte è quella di arrivare fino alla presidenza del Senato. Si tratta, ovviamente, di uno scenario plausibile solo nel caso in cui le urne ci consegnino un risultato di quasi pareggio, con centrodestra e M5s che non hanno i numeri per sostenere da soli un governo. Al di là delle dichiarazioni di queste ore, infatti, in un simile contesto è altamente probabile che si faccia il possibile per evitare di ritornare al voto e si provi invece a mettere insieme un governo di larghe intese. «È a questo punto - racconta un ministro che ha avuto occasione di parlare con Renzi in questi giorni - che l'ex premier metterebbe sul tavolo la presidenza del Senato». D'altra parte, sempre in caso di quasi pareggio, sarà proprio la nomina dei successori di Laura Boldrini e Pietro Grasso il primo banco di prova di eventuali convergenze in vista di possibili larghe intese. Le Camere, infatti, sono convocate per venerdì 23 marzo e quasi certamente nella settimana successiva si voteranno entrambi i presidenti.

Insomma, per portare il Pd dentro una maggioranza di larghe intese, Renzi vorrebbe in cambio lo scranno più alto del Senato. Un'operazione - spiega un suo fedelissimo, anche lui futuro senatore - che potrebbe trovare la sponda dei big del Pd, ben contenti di liberare finalmente la segreteria dem. Dal canto suo, grazie al nuovo ruolo istituzionale l'ex sindaco di Firenze riuscirebbe a «ripulirsi» dai disastri politici ed elettorali degli ultimi anni. Un disegno, quello di Renzi, piuttosto ambizioso.

E che rischia di andare a sbattere contro le resistenze di chi - non solo nel centrodestra - farà invece il possibile per non concedere all'ex premier alcuna ancora di salvezza. Non è un mistero, per esempio, che in Forza Italia Renzi sia tuttora considerato altamente inaffidabile. A differenza, solo per fare un nome, di Paolo Gentiloni.

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