Renzi non sta sereno. Cresce la pattuglia dei franchi tiratori

La politica dei due (o tre) forni che riusciva benissimo ai democristiani doc rischia di mettere Renzi in difficoltà

Renzi non sta sereno. Cresce la pattuglia  dei franchi tiratori

Per una manciata di voti in entrata a sinistra ce ne potrebbero essere altrettanti in uscita dal Pd. Più altri traballanti tra i moderati: Ap e Scelta civica. La politica dei due (o tre) forni che riusciva benissimo ai democristiani doc rischia di mettere Renzi in difficoltà, con buona pace delle rassicurazioni del ministro Maria Elena Boschi e dello stesso premier. Perché la legislatura è lunga, i compiti assegnati dall'Europa all'Italia e le relative riforme da approvare sono tante, molto più insidiose dell'elezione del presidente della Repubblica.

Tutto si gioca chiaramente al Senato, dove ufficialmente il governo può contare su 172 voti sui 161 necessari. Maggioranza risicata e molto teorica. Nei momenti clou di Palazzo Madama non si è mai manifestata. Con il Jobs Act dal forno Pd sono scappati sei voti e la maggioranza è stata di 166 voti. Ben dieci voti in libera uscita per la legge di Stabilità, approvata con un solo voto in più della maggioranza assoluta.

Margini più ampi con la legge elettorale, ma l'Italicum è stato votato anche da Forza Italia quando il patto del Nazareno era ancora in piedi. Per soli tre voti i senatori azzurri non sono stati determinanti e i Pd in uscita sono stati ben 22.

Una volta smaltita la sbornia da vittoria sul Quirinale, gli stessi «no» della minoranza democratica potrebbero ripresentarsi, magari in forma meno esplicita, sui temi economici. Non più sui decreti attuativi del Jobs Act (il voto non è vincolante), ma su tutti gli altri temi che si presenteranno nei prossimi mesi. C'è la riforma della Pubblica amministrazione, il documento di economia e finanza che arriverà ad aprile e aprirà una sessione di bilancio e una legge di Stabilità che si annuncia ancora più traballante della precedente (a Palazzo Madama il governo è stato salvato più volte da Forza Italia che ha garantito il numero legale).

Curiosamente, il numero dei potenziali senatori Pd «di opposizione» corrisponde a quello dei potenziali nuovi acquisiti della maggioranza. Tra i Gal che non votavano per il governo prima e gli ex M5s, i potenziali senatori che passerebbero dall'opposizione alla maggioranza sarebbero appunto 22.

Un gioco a somma zero che però non tiene conto dei tanti mal di pancia nella destra del centrosinistra. I voti «liberi» del Ncd potrebbero essere 9. Poi quelli di ciò che resta di Scelta civica a Palazzo Madama: due senatori, che certamente non saranno ben disposti verso l'esecutivo.

L'ago della bilancia è il Nuovo centrodestra. Per una volta, Renzi è stato poco fortunato. L'elezione di Sergio Mattarella, poco gradita a molti esponenti del partito di Alfano, è coincisa con l'approvazione della riforma delle banche popolari che è, se possibile, ancora più indigesta agli ex azzurri. Il Ncd ha deciso di farsi portavoce delle istanze del mondo cattolico contrario alle novità sugli istituti di credito. Ed è diventato anche il punto di riferimento dei professionisti e delle farmacie, che sono contrari a un altro provvedimento ad alto rischio: il nuovo pacchetto di liberalizzazioni allo studio del governo.

Adesso che Renzi ha tirato la corda e dei big del partito come Roberto Formigoni, Maurizio Sacconi e Carlo Giovanardi hanno alzato la voce, il Senato è diventato ancora più insidioso per il governo. Nel complesso, sarebbero circa 33 senatori non hanno più voglia di dire sì per disciplina dei rispettivi partiti.

Se decidessero di muoversi tutti insieme, spiegava ieri una fonte Ncd, per effetto slavina, potrebbero trascinarsi altri colleghi. Ad esempio l'altra parte di Area popolare, i senatori Udc ai quali il governo piace sempre meno.

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