Si fa largo negli ambienti renziani l'ipotesi di un appoggio esterno al governo Conte. L'opzione rimbalza da ieri nelle chat dei parlamentari vicini a Matteo Renzi. Dopo l'assemblea dei gruppi Iv (durata fino alle 3 di notte) c'è una nuova opzione sul tavolo: «Usciamo dal governo ma non vogliamo che l'esecutivo vada in crisi», avrebbe spiegato l'ex rottamatore nei colloqui avuti nelle ultime ore con i deputati di Iv. Tradotto: appoggio esterno. Questo vuol dire che la delegazione Iv nell'esecutivo, i ministri Elena Bonetti (Pari Opportunità) e Teresa Bellanova (Agricoltura) e il sottosegretario Ivan Scalfarotto, rimetta il mandato nelle mani del premier Giuseppe Conte. In Parlamento la pattuglia renziana garantirà, a seconda dei casi, i voti di fiducia o l'astensione tattica per non far cadere l'esecutivo. Una formula che il Pd non ritiene praticabile. In quanto la sopravvivenza del governo sarebbe poi ostaggio dei voti renziani.
L'idea dell'appoggio esterno nasce dal piano di Renzi di non assumersi la responsabilità della caduta del governo in piena emergenza sanitaria. È il cerino che da giorni Conte e Renzi si passano da una mano all'altra. Chi staccherà la spina? Ettore Rosato, braccio destro del senatore di Rignano, scarica le colpe sull'avvocato del popolo: «È il presidente del Consiglio a staccare la spina del governo, non noi, perché è lui a continuare nel suo atteggiamento di non farsi carico dei problemi, ma anzi, mettendoli sotto il tappeto. Non si può andare avanti così. Ci ha detto che ci vedremo in Aula sfidandoci? Va bene. Ci vedremo in Parlamento e utilizzeremo la dialettica e i nostri numeri per vedere chi ha ragione rispetto ai ritardi di questo governo». Rosato puntualizza: «Noi vogliamo risposte alle nostre richieste, non ci interessano offerte di posti o di chissà quale tavolo di mediazione». Se c'è qualcuno che pensa che i problemi del Paese si risolvano con le elezioni anticipate, si faccia avanti, ma ho l'impressione che le forze politiche sappiano benissimo che non è questa la strada». Dal fronte grillino il ministro degli Esteri Luigi di Maio incalza gli alleati: «Il Paese non può e non deve restare fermo. I politici sono pagati per lavorare, non per litigare. Ogni ministro, ogni membro di governo, ogni parlamentare è chiamato a dare il massimo, sempre. Le trame di palazzo, i giochini, non dovrebbero nemmeno sfiorarci. Una cosa è certa: la crisi economica non aspetta la politica. Chi governa deve dettare i tempi della ripresa, dunque nelle prossime ore chiudiamo il Recovery e consegniamolo al Parlamento, mettiamoci al lavoro sui progetti di rilancio del Paese. Non perdiamoci in chiacchiere».
Ma il testo completo del Recovery (che i renziani chiedono) non c'è. Il Recovery fantasma rischia di trasformarsi nel casus belli. Renzi rilancia la sfida della conta in Aula: «Al premier abbiamo chiesto di sciogliere i tanti nodi aperti: infrastrutture, scuola, cultura, lavoro. La risposta è stata: ci vedremo in Parlamento. A me sembra un errore politico e un azzardo numerico. Ma auguri a lui e all'Italia, scrive su Twitter. Parole nette arrivano dal ministro dell'Agricoltura Teresa Bellanova: «Il tempo è davvero finito. E questa esperienza per me è archiviata, perché sono insostenibili questi metodi e queste incertezze sul meriti, questo giocare a un rimpiattino intollerabile e offensivo, che toglie forza e credibilità a questa maggioranza. Arrivi questo benedetto Recovery Plan, ci si dia il tempo di leggerlo e valutarlo e ci si confronti in Consiglio dei Ministri.
Perché noi a confronti sui contenuti non ci siamo mai sottratti, anzi siamo stati quasi sempre i primi a chiederlo a gran voce. Anzi, il confronto si faccia anche sugli altri nodi politici che ci separano, costruendo un patto», attacca in un post su Facebook. Il confronto potrebbe esserci nella conta in Aula.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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