La resa di bar e pub. "Ragazzi, si chiude"

In Veneto i gestori dei locali dell'"assembramento" optano per l'auto-lockdown: "Stop, troppi rischi"

La resa di bar e pub. "Ragazzi, si chiude"

«Adesso lasciateci in pace. Amen». È la resa del locale Gasoline di Padova. Meglio chiudere. Troppa ressa. Fatevi un esame di coscienza. Se lo facciano tutti. Politici, virologi, genitori, ragazzi. Mica puoi dire a questi state buoni, fate i bravi, abbassate la mascherina e non alzate il gomito. Da tre mesi chiusi in casa, senza un progetto che parlasse per loro, i ragazzi l'altra sera sono usciti in piazza e hanno fatto festa. Mica gliel'hanno spiegato che la fine del lockdown non coincide con la fine del virus, anzi. A Padova si sono ammassati nei locali, immagini che lasciano sconvolti anche i più festaioli: ragazzi appesi ai tubi delle pareti, senza mascherina, a cantare in coro.

Questo ha aizzato le proteste di molti, soprattutto del governatore Luca Zaia che ha detto «basta, se continua così chiudo tutto. Questi li aspettiamo alle porte degli ospedali». Insomma dei ragazzi scomposti, che con l'arrivo dell'estate e le pagelle già fatte, fanno girare l'economia dei padri e pure il virus. «Siamo stanchi! scrive il Gasoline di Padova che annuncia la chiusura su Facebook, aperti solo per asporto e domicilio - stanchi di vivere una situazione insostenibile da gestire. Stanchi di dover cercare di essere costretti a mantenere un ordine, dove un ordine non c'è. Stanchi di dover seguire regole inventate dalle varie task force, quando neanche loro sanno veramente con cosa abbiamo a che fare. Siamo stanchi di dover trovare una soluzione a tutto. Abbiamo più di 20 dipendenti che chiedono aiuto, hanno un mutuo per la casa, un altro per la macchina, sono giovani studenti con un affitto da pagare o magari con il loro stipendio danno da mangiare a una famiglia intera in Africa. Restare aperti con queste pressioni non ne vale la pena». Come tanti altri che hanno deciso di restare chiusi. Dalla Gigia per esempio, storico locale in centro a Treviso, qui ci sono le mozzarelle in carrozza più buone del mondo. La Gigia ha affisso un cartello scrivendo: «Ciao cari, La Gigia non aprirà lunedì, da noi è bello fare grumo. La Gigia è piccola e sarebbe difficile mantenere la distanza necessaria fra le persone».

In altri locali però la movida, quella contenuta, quella ospedalizzata, continua. File di persone, tutte fuori, distanti, senza guanti, con il pieno di igienizzanti, con la mascherina ovviamente, tranne che per bere. La gente ha voglia di uscire, di condividere anche solo un caffè con un'amica, un pranzo, un aperitivo. Anche distanti, non importa, va bene lo stesso. I locali a Treviso stanno ampliando i plateatici, la città diventerà un locale a cielo aperto e le discoteche di Jesolo diventeranno bar e ristoranti con la musica in sottofondo.

Anche le famiglie si muovono, hanno voglia di mangiare fuori, di concedersi qualcosa di buono. Ma il rispetto è la distanza sociale e in questo delirio c'è anche chi attacca chi fa in modo che almeno baristi, camerieri e titolari non diventino gendarmi. Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha modificato le linee guida del governo, anche forse per consentire ai furbi di non raccontare frottole. Ossia ha fatto saltare la deroga per i familiari che prevede che due persone che dormono insieme possano sedersi anche a meno di un metro. Il sindaco bergamasco del Pd, Giorgio Gori non ha perso tempo per fare polemica. «Così due persone che dormono insieme dovranno cenare a un metro di distanza», ha scritto su Twitter.

Ma Fontana risponde «l'esercente avrebbe dovuto trasformarsi in poliziotto per accertare se due persone che entrano in un ristorante sono marito e moglie o semplici conoscenti. Per questo la regola del metro deve valere per tutti. È una semplificazione per il gestore».

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