Grazie alla riforma costituzione, oggetto del referendum del 4 dicembre, si potranno risparmiare "appena" 161 milioni di euro, meno di un terzo rispetto a quanto illustrato dal ministro Maria Elena Boschi e più volte ribadito dal premier Renzi. A dichiararlo è l'ex commissario per la spending review Roberto Perotti.
In un articolo pubblicato su lavoce.info, Perotti dettaglia tutti i minori costi prodotti dalla riforma, spiegando che i 161 milioni si riferiscono a un dato a regime, quindi non nel breve periodo, e secondo un'interpretazione più favorevole di alcuni passaggi del testo della riforma.
"Sotto una interpretazione più restrittiva - rileva Perotti -, i risparmi si ridurrebbero a circa 110 milioni dopo due anni e 130 milioni a regime".
Per comprendere questa differenza di stime è necessario confrontare i dati forniti dal ministro Boschi in parlamento l'8 giugno scorso con le tabelle del professor Perotti.
Secondo il ministro per le riforme con le modifiche al Senato "avremo un risparmio di circa 80 milioni l'anno, che derivano dalle indennità e dai rimborsi dei senatori, a cui si aggiungono circa 70 milioni l'anno per il funzionamento delle Commissioni, per esempio, d'inchiesta, per la riduzione dei rimborsi ai gruppi al Senato". Quindi 150 milioni, una cifra appena inferiore ai 161 milioni stimati (ottimisticamente) da Perotti ma superiore di 20 milioni al costo, a regime, secondo un interpretazione più "prudente" del testo della riforma e delle sue possibili implicazioni.
Ma è soprattutto il costo dell'eliminazione delle province, 320 milioni di euro per il governo, a fare la differenza. "Gran parte delle funzioni delle province sono già state riallocate a comuni, città metropolitane, e regioni con una legge ordinaria del 2014 (la legge Delrio): - spiega Perotti - i dipendenti pubblici non più necessari verranno gradualmente riassorbiti da altri enti pubblici; la stessa legge ha eliminato gli emolumenti ai consiglieri provinciali. Dunque - conclude Perotti - i risparmi della riforma delle province si sono già manifestati, e rimarrebbero anche se passasse il no al referendum". Che vinca o meno il Sì, quindi, i tagli sono già stati fatti.
Anche sul Cnel, l'ente di rango costituzionale che la riforma intende abolire, il governo e l'ex consulente di Palazzo Chigi formulano stime molto diverse. Secondo il ministro Boschi "la soppressione del CNEL porta ad un risparmio annuo di circa 20 milioni". Cifra peraltro già di molto superiore a quanto spiegato dalla Ragioneria generale dello Stato, che - come ricorda Perotti - aveva quantificato minori costi dall'eliminazione in 8,7 milioni di euro. Ma il Cnel, sottolinea "è di fatto già stato chiuso con legge ordinaria" e "nel bilancio di previsione per il 2016 il compenso per gli organi istituzionali era già uguale a 0". Per questo "il risparmio effettivo sarà però solo di 3 milioni" e "il motivo principale è che la riforma ha disposto che tutto il personale del CNEL venga assunto dalla Corte dei Conti, quindi non vi sarà alcun risparmio su quel fronte". In altre parole se è vero che il Cnel non ci sarà più, una delle sue principali fonti di costo, lo stipendio dei suoi dipendenti, no, visto che sarà invece trasferito su altre istituzioni.
Quanto alla cancellazione dei contributi per i gruppi consigliari regionali, Perotti si discosta dalla cifra mostrata da Matteo Renzi a Quinta Colonna nel cosiddetto "Patto della lavagna". Alla trasmissione di Rete 4 Renzi aveva parlato di "risparmi per 36 milioni di euro". Secondo l'ex commissario per la spending review la previsione del premier è eccessivamente ottimistica e "un risparmio di 10 milioni appare realistico".
Non solo, il premier parla anche di ulteriori 36 milioni di euro dovuti al taglio degli stipendi, che andrebbero ad allinearsi ai
sindaci die capoluoghi di regione. Anche in questo caso, nell'ipotesi più favorevole alla riforma, secondo Perotti ci sarebbe un "risparmio di spesa per il contribuente di 17 milioni". La metà di quanto indicato dal premier.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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