Alla fine è il Sel a rifilare un due di picche a Matteo Renzi. La trattativa avviata ieri dalla lettera del premier Matteo Renzi trova la sponda di un dissidente doc piddino, Vannino Chiti, che prova a mediare con le opposizioni per contingentare i quasi ottomila emendamenti al vaglio di Palazzo Madama. Ma a sbattere la porta in faccia ai democrat sono proprio gli "amici" del Sel che non vogliono sentir ragioni. "Non ritiriamo i nostri emendamenti - ha annunciato Nicola Fratoianni - adesso basta coi ricatti".
La mediazione di Chiti
La proposta fatta da Chiti a nome della maggioranza punta ad accelerare l'iter delle riforme costituzionali: ridurre gli emendamenti concentrando "il confronto sulla riforma attorno a grandi temi" e votare entro agosto alcune decine di emendamenti fondamentali. Poi la prima settimana di settembre le dichiarazioni e il voto finale. Sembra risolversi così la contesa sul ddl Boschi. Almeno da parte dei frondisti della maggioranza. Dopo la lettera inviata ieri da Renzi, Chiti - forse uno dei più strenui oppositori alla riforma del Senato - pur accettando la riduzione degli emendamenti mette in discussione il contingentamento dei tempi preteso dal premier. La proposta è stata accolta positivamente dal capogruppo piddino al Senato del Pd Luigi Zanda che, però, ha chiesto che il voto sugli emendamenti si concluda entro l'8 agosto. Anche Forza Italia si è dimostrata favorevole a patto che il premier non tradisca il patto del Nazareno. Nell'invitare i colleghi di partito a ritirare tutti gli emendamenti, il senatore azzurro Donato Bruno ha infatti spiegato a Chiti che "non tutte le modifiche chieste potranno essere accolte dal governo". "L'accordo del Nazareno - ha continuato l'esponente di Forza Italia - è il punto di riferimento che non dobbiamo o possiamo scalfire". A rassicurarlo ci ha pensato immediatamente il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi che, pur confermando la disponibilità a "trovare ulteriori punti di incontro" per cambiare il ddl, ha messo in chiaro che il governo "non può sottostare a un ricatto ostruzionista".
Le barricate di Sel e Cinque Stelle
Il contingentamento degli emendamenti non piace alle opposizioni che non vogliono sentir ragioni. Il Movimento 5 Stelle è in prima linea ad agitare lo scontro pur di non scendere a patti con la maggioranza. "I nostri duecento emendamenti da qui non si muovono", ha annunciato il capogruppo pentastellato, Vito Petrocelli. E dalle colonne del blog ci si è messo pure Beppe Grillo a fomentare la rivolta di piazza: "Che ci rimaniamo a fare in Parlamento? A farci prendere per il culo, a sostenere un simulacro di democrazia mentre questi fanno un colpo di Stato?". "Se non ci lasceranno scelta - ha poi minacciato il leader del M5S - ce ne andremo". Diversa la posizione del Sel che punta a far saltare l'asse tra Renzi e Berlusconi. La vendoliana Loredana De Petris ha, infatti, dato "amplissima disponibilità" a discutere le modifiche al ddl Boschi: "Il convitato di pietra è il patto del Nazareno". A fronte delle barricate dell'opposizione, però, vengono a cadere il giochetto di Renzi e, in seconda battuta le condizioni avanzate da Chiti."Chi ha presentato 6000 emendamenti non ha detto di volerli ridurre", ha replicato Zanda al Sel segnando così la fine della mediazione.
Si riparte da zero ma è bagarre
Fallita la mediazione tra maggioranza e opposizione, è ripresa la votazione degli emendamenti. E si è ripartiti da zero. Il primo, passato con 277 voti favorevoli, uno contrario e sette astenuti, ha riguardato "la composizione del parlamento" e modifica l’articolo 55 della Costituzione promuovendo "l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza". Ma il confronto parlamentare si è subito trasformato in una bagarre senza esclusione di colpi non appena si è devuto votare, per parti separate, un emendamento di Sel che avrebbe previsto l’elezione diretta del Senato. Quando il presidente Piero Grasso ha indetto la votazione, che avrebbe potuto precludere altri voti sul tema, l'opposizione è insorta scandendo: "Non si può, non si può!". A Grasso non è rimasto che sospendere la seduta.
Democrat e vendoliani ai ferri corti
"Non possono dire che usiamo parole irricevibili e poi governiamo insieme tutte le regioni... Eh, no. Non abbiamo mica l’anello al naso". Nei corridoi di Palazzo Madama, parlando con i cronisti, il sottosegretario piddino Luca Lotti ha letteralmente sbottato dopo le accuse mosse contro il Partito democratico dai senatori del Sel. "Se ci attaccano per la riforma costituzionale non vorranno certo allearsi con noi alle elezioni? - si è chiesto provocatoriamente - Se non andiamo bene qui perché dovremmo andare bene per le elezioni?". Una reazione piuttosto dura che ha lasciato di sasso la sinistra radicale. Tanto che su Twitter è prontamente intervenuto il governatore della Puglia Nichi Vendola. "Sette senatori del Sel che non si piegano a ricatti sono il problema dell'Italia? - ha twittato - i nuovi Padri della Patria sono Berlusconi e Verdini? Lotti stai sereno".
Renzi: "Hanno paura di perdere la poltrona"
In serata il presidente del Consiglio ha detto la sua con un post su facebook. "Gli italiani ci hanno chiesto di cambiare un sistema politico che non funziona più - ha scritto -. Noi manteniamo la promessa, senza paura e senza mollare. Stiamo facendo le riforme perché la politica e i politici devono cambiare. E le sceneggiate di oggi dimostrano che alcuni senatori perdono tempo per paura di perdere la poltrona.
Noi andiamo avanti e alla fine saranno i cittadini con il referendum a giudicare chi avrà ragione e chi torto. La nostra determinazione è più forte dei loro giochetti. Andiamo avanti pronti a discutere con tutti ma non ci faremo mai ricattare da nessuno".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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