Rimborsopoli tragica: suicida dopo la condanna

L'ex assessore del Piemonte Burzi viveva come un'ingiustizia la pena di 3 anni. Politica sconvolta

Rimborsopoli tragica: suicida dopo la condanna

Due settimane fa la condanna a tre anni (dopo una assoluzione per gli stessi fatti, un processo infinito e tre gradi di giudizio), due giorni fa, nella notte di Natale, il suicidio, con un colpo di pistola alla tempia in casa sua a Torino. Il legame tra i due fatti, per chi conosceva Angelo Burzi, 73 anni, ex assessore regionale al Bilancio, ex consigliere regionale in più legislature, tra i fondatori di Forza Italia in Piemonte, è inevitabile. «Angelo non si dava pace della ingiustizia con cui è stata gestita la vicenda Rimborsopoli, una delle pagine più incredibili della recente storia giudiziaria - commenta Roberto Cota, ex governatore, anche lui travolto dall'inchiesta sulle spese in Regione Piemonte - In questi anni ho cercato di stargli accanto, ma ognuno reagisce a modo proprio. Purtroppo Angelo non riusciva a farsi una ragione della ingiustizia subita che, tra l'altro, ha portato a un inspiegabile differenza di risultati rispetto a spese assolutamente uguali e anche a sentenze diverse su fatti analoghi. C'è stato un accanimento giudiziario che dura ormai da quasi dieci anni». Anche Guido Crosetto non riesce a non immaginare un nesso di causa effetto tra il calvario giudiziario di Burzi e il suicidio: «Non riesco a trattenere la rabbia, mi scuso. Da questa mattina non riesco a pensare che al suicidio di un uomo perbene e di ciò che lo ha spinto a quel gesto. Piegato da anni di assurde ingiustizie e violenze giudiziarie, ha detto basta! Contro di lui (e molti altri) hanno usato la giustizia. Perché c'è gente che l'amministra solo per combattere nemici». Il riferimento è a una inchiesta che ha portato ad assoluzioni e archiviazioni da un lato, e condanne dall'altro, per comportamenti e vicende molto simili ad eccezione dell'appartenenza politica degli imputati.

Le ragioni del gesto si potranno forse capire meglio dalla lettera che Burzi ha lasciato alle figlie. La vigilia di Natale, con una scusa ha allontanato la moglie da casa, per restare solo e compiere il gesto con l'arma, avvisando i carabinieri con una telefonata poco prima. Molte le voci politiche, da sinistra a destra, che ricordano Burzi, figura di spicco della politica piemontese, punto di riferimento dell'area liberale. Una tragedia che riporta in primo piano il tema della giustizia in Italia. «Probabilmente ha subito delle picconate così pesanti che anche una persona forte come lui non ha retto - dice a Lo Spiffero Enrico Costa, deputato di Azione, già viceministro alla Giustizia - Si è arrivati a discutere in appello fatti di più di dieci anni fa. Pensiamo alle persone che sono sotto processo per tutto questo tempo, talvolta per periodi ancora più lunghi. È accettabile? No. La sentenza definitiva deve giungere in un termine ragionevole rispetto ai fatti. Io sono per la non appellabilità delle sentenze di assoluzione» spiega Costa, ricordando l'assoluzione in primo grado di Burzi, come degli altri ex consiglieri poi condannati nell'appello bis dopo quasi dieci anni.

«Qualcuno ha cercato di appannare la sua immagine - scrive in una nota Forza Italia Piemonte - ma chi ha conosciuto Burzi sa quanto fosse uomo di alti principi e rispettoso dei valori della galanteria d'altri tempi. La sua tragedia ci deve far interrogare e deve far interrogare il mondo politico se non vi sia qualche cosa da riformare nel sistema italiano».

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