Ripartono i rimpatri in Tunisia. Le frontiere sono un colabrodo

L'intesa di Malta? Scaduta. Ma non ha mai funzionato. E gli arrivi continuano a essere più numerosi dei ritorni

Ripartono i rimpatri in Tunisia. Le frontiere sono un colabrodo

«Nel rapporto con i dati del 2011 i numeri sono più alti ora. Chiedo l'emergenza per semplificare le operazioni di gestione dei migranti», dice uno stremato sindaco di Lampedusa, Totò Martello dopo l'ennesima giornata difficile sulla prima linea dell'immigrazione. «Emergenza», dice, perchè ne sono sbarcati 14mila da gennaio a oggi, ed erano stati 11mila nel 2019. Con questo ritmo si supereranno i 23mila del 2018, se si pensa che nel solo luglio sono arrivate oltre 7mila persone. Di queste ben cinquemila sono tunisini, destinati ad aumentare dopo che è esplosa la rotta dei barchini dalle coste di Sfax verso quelle di Lampedusa. Ed è proprio a bordo di piccole imbarcazioni con sbarchi «fantasma» e autonomi che è arrivata la stragrande maggioranza dei migranti, una modalità non contemplata dal cosiddetto «accordo di Malta» che ha aperto l'era di Luciana Lamorgese al Viminale. Quell'intesa, siglata il 23 settembre 2019, ribattezzata come «svolta» europea sull'immigrazione («Da oggi l'Italia non è più sola», aveva detto la ministra), prevedeva il ricollocamento tra Germania, Francia, Portogallo, Irlanda e Lussemburgo di una quota delle persone sbarcate solo dalle navi delle ong. Si tratta di centinaia di persone su migliaia. Ora, nel pieno di un nuovo picco di arrivi, quell'accordo a cui avevano aderito solo cinque Paesi su 27 è scaduto. Era temporaneo, aveva una durata di sei mesi, terminati in concomitanza con il Covid che aveva già bloccato i trasferimenti. La Germania ha annunciato che sebbene l'intesa sia «formalmente scaduta» continuerà ad accogliere chi sbarca in Italia. Ma non i tunisini che arrivano con i barchini. D'altra parte sono i numeri a raccontare l'inefficacia di quell'accordo: su 14mila migranti sbarcati, ne sono stati ricollocati 700 da ottobre a febbraio, su una disponibilità data a trasferire in totale circa mille persone. Ne restano dunque circa 300 da redistribuire nei vari Paesi, mentre la Germania ha anche ripreso le riammissioni di migranti verso l'Italia.

Con questi numeri il fronte tunisino rischia di diventare un'emergenza per il governo. Che corre ai ripari. Dopo la visita di Lamorgese a Tunisi il Viminale ha annunciato che dal 10 agosto prossimo, dopo l'interruzione per il lockdown, riprendono i rimpatri su voli charter verso la Tunisia: «Come già previsto dagli accordi con il Paese nord africano si tratterà di voli bisettimanali con partenze il lunedì e il giovedì che consentiranno di allontanare 80 irregolari a settimana». Si tratta di «un ripristino che segue i primi voli charter ripresi dal 16 luglio con un massimo di 20 cittadini tunisini per singolo volo, secondo quanto richiesto dalle autorità tunisine. Nello specifico, i 5 voli charter hanno permesso il rimpatrio di 95 cittadini tunisini. Il prossimo volo è previsto per il 6 agosto, sempre per massimo 20 rimpatriati». Dal 1 giugno sono state rimpatriate complessivamente 266 persone: 116 in Tunisia e 103 in Albania.

I numeri degli arrivi però continuano a essere molto superiori alle stime delle persone che si possono rimpatriare. Senza contare che molti tunisini non solo arrivano, ma ritornano: tanti sono noti alle forze dell'ordine, destinatari di decreti di espulsione non rispettati. Rimpatriati, sono poi tornati in Italia.

Ma a preoccupare è anche la frontiera a nord-est, meta della rotta balcanica da cui i flussi non si sono mai fermati: «È imminente il rafforzamento del contingente di militari già destinato alla vigilanza della frontiera tra Italia e Slovenia», ha fatto sapere ieri Lamorgese.

Ma c'è la rabbia del governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga che chiedeva la chiusura dei valichi minori al confine: «La decisione del Governo di non chiudere i valichi minori, continuerà a consentire di fatto l'ingresso di immigrati irregolari».

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