"A rischio anche da noi i palazzoni popolari. Servono più controlli"

L'allarme dell'architetto del Bosco Verticale: "Subito verifiche sull'edilizia degli anni '60"

"A rischio anche da noi i palazzoni popolari. Servono più controlli"

Architetto Stefano Boeri, ha visto le immagini del grattacielo di Londra?

«Sì. E sono rimasto molto impressionato».

Da cosa?

«Dalla potenza e dalla velocità con cui si sono sviluppate le fiamme».

Da tecnico cosa ne ha dedotto?

«Che quell'edificio con ogni probabilità non è stato progettato e costruito nel rispetto delle norme di sicurezza».

A suo parere esistono precise responsabilità?

«Non voglio buttare la croce addosso a nessuno. Ma è indicativo che quella costruzione risalisse ai primi anni '70».

Parliamo di quasi mezzo secolo fa...

«Un'epoca in cui la tematica della sicurezza non era rigidamente normata».

Vuol dire che oggi, in un grattacielo «moderno», un incendio come quello della Grenfell Tower non potrebbe mai svilupparsi?

«Direi di no. Ma questo non può lasciarci tranquilli...».

In che senso?

«Anche nel nostro Paese esistono palazzoni popolari risalenti agli anni '60 e '70 che necessiterebbero di attente verifiche».

A volte l'iconografia dei grattacieli può riassumere il massimo dell'evoluzione e il massimo del degrado. Penso da una parte al «Bosco Verticale» di Milano e dall'altra alle «Vele» di Scampia.

«Sono cose molto diverse sia dal punto di vista concettuale che progettuale. Le Vele di Scampia non hanno nulla a che fare con i grattacieli e, soprattutto, con un grattacielo come il Bosco Verticale (considerato il più bello del mondo e disegnato proprio da Stefano Boeri, ndr)».

Per la gente comune un edificio con molti piani è pur sempre un «grattacielo». E «ferire» mortalmente due «torri» (come accaduto l'11 settembre 2001 a New York con l'attacco aereo kamikaze contro il World Trade Center) ha un enorme valore simbolico nella «Guerra di Civiltà» tra Occidente e terrorismo islamico.

«Ha ragione. Però consideri che ormai le grandi metropoli si sviluppano in verticale e questo ha ridotto in parte il valore iconico del grattacielo».

Lei è etichettato come un'«archi-star». Si riconosce in questa definizione?

«No. Io, piuttosto, mi considero un «archi-street»?

Cosa significa?

«Un architetto che sta in mezzo alla strada. Che trova spunti e linfa creativa dalla strada e dai cittadini».

Cosa dovrebbe essere un architetto?

«Un rabdomante del futuro».

Cioè?

«Un professionista che sappia guardare oltre il contingente, intercettando i bisogni reali della gente».

Il grattacielo «popolare» andato a fuoco ieri notte a Londra pare rispondesse a logiche completamente diverse.

«Il discorso qui ritorna sulla sicurezza. Un valore che deve sempre venire prima dell'estetica».

Ma sicurezza ed estetica possono convivere?

«Devono convivere».

Possibilmente rispettando ambiente e natura.

«Non solo rispettando ambiente e natura, ma integrando entrambi negli edifici».

Come ha fatto lei col progetto «Bosco Verticale».

«Un progetto che stiamo esportando in varie metropoli differenziandolo da città a città.

Sul marchio Bosco Verticale non abbiamo posto nessun copywriter. Anzi, auspichiamo che il nostro modello venga adottato da più soggetti possibili. Nella speranza che tragedie come quella della non accadano mai più in nessuna parte del mondo».

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