Ma figuriamoci se stavolta esce un commento. Nessuna reazione dal Colle, neanche ufficiosa, nemmeno uno spiffero o un ciglio alzato. Il presidente, «come sempre» da dieci anni, non fa invasioni di campo, non entra nelle scelte politiche dei governi e si tiene alla larga dagli atti della magistratura. Silenzio. Però una cosa è certa, l'avviso di garanzia a Giorgia Meloni, ai ministri Nordio e Piantedosi e al sottosegretario alla presidenza Mantovano per il rimpatrio del comandante libico Almasri deve avergli mandato di traverso la giornata. E già. Un altro scontro tra istituzioni dello Stato, un altro capitolo della faida trentennale tra potere esecutivo e giudiziario: esattamente il contrario di quanto Sergio Mattarella (nella foto) predica con cadenza quasi quotidiana. Bisogna ridurre le divergenze, collaborare e concorrere al buon funzionamento della Repubblica, non cercare la zuffa. Si deve perseguire l'interesse nazionale, non quello di parte o di corporazioni. Invece.
Eppure la mattinata, al di là del protocollo e della commozione generale, era cominciata bene, con la celebrazione del Giorno della Memoria in perfetto spirito unitario. Il presidente ha pure apprezzato le parole di lunedì della Meloni. «L'abominio del piano nazista trovo in Italia la complicità del regime fascista, attraverso l'infamia delle leggi razziali e il coinvolgimento nei rastrellamenti e nelle deportazioni». Poi il provvedimento del procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi ha rovinato un po' il clima. Mezzo governo indagato. Ipotesi di reato pesanti: favoreggiamento e peculato. Temperatura politica che si rialza.
Insomma, visto dalla prospettiva del Quirinale, i motivi di preoccupazione ci sono tutti. Anche se il temporale non è proprio scoppiato all'improvviso: la riforma Nordio sulla separazione delle carriere tra pm e giudici e le proteste, in certi casi clamorose, delle toghe avevano parecchio elettrizzato l'atmosfera. Ora si tratterà di provare a riportare la calma, riprendere il lavoro paziente di cucitura istituzionale.
Forse partirà già da domani, quando parteciperà alla cerimonia di inaugurazione dei corsi dei magistrati ordinari in tirocinio presso la scuola superiore di Scandicci. Sul caso Almasri il capo dello Stato manterrà il riserbo, ma potrebbe essere l'occasione giusta per dire la sua sul ruolo dei giudici e sui rapporti con la politica. Anzi, di ripeterla. «L'indipendenza della magistratura - ha spiegato recentemente - è elemento costitutivo di uno Stato democratico».
Ma l'autonomia va anche conquistata sul campo, con «una costante e rigorosa attenzione ai comportamenti», evitando «ricostruzioni normative arbitrarie, tesi precostituite, voglia di protagonismo e individualismo giudiziario». Serve «ponderazione», considerando che le decisioni hanno «impatto sociale e nella vita delle persone». Equilibrio, in una parola.
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