Il ritorno di Grillo nello studio di Fazio. E attacca l'avvocato che accusa il figlio

Beppe Grillo ammette di essere "il peggiore" e ne dà dimostrazione poco dopo

Il ritorno di Grillo nello studio di Fazio. E attacca l'avvocato che accusa il figlio
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Beppe Grillo ammette di essere «il peggiore» e ne dà dimostrazione poco dopo. Quando, durante il suo show a «Che Tempo Che Fa», a un certo punto fa la strambata della serata. Fabio Fazio la domanda non la fa, ma è il fondatore del M5s che sceglie di parlare del processo che vede imputato il figlio Ciro per violenza sessuale di gruppo. Ed ecco che Grillo punta e sceglie il bersaglio, senza contraddittorio.

L'attacco è tutto per Giulia Bongiorno, che è senatrice della Lega. Ma soprattutto è l'avvocato della ragazza che accusa di violenza il figlio. «È un avvocato, presidente della Commissione Giustizia, è una senatrice della Lega che fa comizietti davanti ai tribunali, dove c'è una causa a porte chiuse. È inopportuno. Così si mischia tutto», si lascia andare Grillo. Quelli che il comico definisce in modo sprezzante come «comizietti» sono le dichiarazioni fatte alla stampa da Bongiorno il 7 novembre scorso, dopo l'udienza in cui la presunta vittima di stupro ha dovuto affrontare le domande dei giudici e ripercorrere la dolorosa esperienza che sostiene di aver vissuto con il figlio di Grillo e altri tre amici. La legale aveva parlato di «una ragazza devastata» e dopo le deposizioni della presunta vittima con gli avvocati degli imputati aveva detto che «era stata messa sul banco degli imputati». Ma Grillo liquida così la vicenda, nel momento in cui la vicenda del figlio è tornata d'attualità. Un elefante nella stanza. Che aleggia ancora, tra il serio e il faceto, quando Grillo scherza: «Nel testamento ho lasciato tutto a me stesso». Si percepisce l'imbarazzo e lo studio diventa gelido. Forse meglio parlare d'altro.

Il canovaccio della serata è tutto a metà tra lo sfogo dolente su ciò che è stato è il vittimismo di chi dice «sono stato denunciato 165 volte ma non ho mai denunciato nessuno». Poi, con la complicità di Fazio, l'elenco degli insulti ricevuti negli anni dal Garante del M5s. E poi lo slogan della serata, che è stato già il titolo di uno dei suoi ultimi show teatrali: «Io sono il peggiore». Ma Grillo, lo sdoganatore del Vaffa, si scandalizza anche per tutti le offese che gli arrivano via mail ancora oggi e le mostra su un proiettore. Tra aneddoti personali e le solite visioni orwelliane del futuro, il fondatore dei grillini parla anche di politica. «Ho fatto solo danni a questo Paese, hanno ragione, sono il peggiore», si blandisce. Poi dice: «Non posso guidare un Movimento politico, sono confuso». Una captatio benevolentiae e un gioco con il pubblico, con il comico che arringa in piedi, in camicia nera e pantaloni blu. Grillo è munito anche di una campanella che consegna a Fazio all'inizio dello show: «Così la suoni quando alzo i toni».

Poi i giudizi su Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. «Conte è un bell'uomo, lo abbiamo scelto perché era un professore universitario, laureato, non si capisce ciò che dice, è perfetto per la politica». Quindi ammette: «Abbiamo litigato perché lui veniva dall'accademia, dall'università, ma ora è migliorato, ci mette più cuore». Più dure le valutazioni su Luigi Di Maio, che ribattezza ancora «Giggino a' cartelletta». E quindi Di Maio «era il più preparato ma ci ha pugnalato, non ci aspettavamo che si facesse prendere dal potere». La versione di Grillo. Che sorvola sul Pd e ricorda solo quando, provocatoriamente, si iscrisse ai dem di Arzachena, in Sardegna. Quindi difende i cavalli di battaglia del Superbonus e del Reddito di cittadinanza: «Dovevano durare cinque anni». E il governo? Il Garante del M5s non spinge sull'acceleratore. Si limita a dire che «è una decalcomania, più gli sputi più si appiccica».

Per darsi un tono da Elevato smorza: «Il governo fa quello che può fare». Grandi temi, i soliti. Dalle auto a idrogeno all'intelligenza artificiale. Proprio per l'evento lanciato da Conte sulla AI Grillo è atteso a Roma il 18 novembre.

Il fondatore, forse per non mettere in imbarazzo Conte, evita accuratamente la politica estera. Sia l'Ucraina sia il Medio Oriente. Dice che «copre il libro di Vespa con quello di Casalino» e si congeda chiedendo al pubblico se deva fare politica o il comico. «Il comico!» è la risposta. Prenderne atto.

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