Il ritorno del moralismo giustizialista

Ormai, più che un partito, il Pd sembra un generatore automatico di richieste di dimissioni

Il ritorno del moralismo giustizialista

Ormai, più che un partito, il Pd sembra un generatore automatico di richieste di dimissioni, come quei programmi di intelligenza artificiale a cui si chiede di scrivere testi. In questo caso, però, c'è molto di artificiale ma assai poco di intelligente, da un punto di vista politico. Ieri forse no, ma l'altro il Pd aveva infatti chiesto le dimissioni, nell'ordine, del ministro dell'Interno, di Vittorio Feltri, del sindaco di Grosseto. Mancavano all'appello Scelba, Craxi e Cossiga, ma per ovvie ragioni. E nei giorni precedenti, praticamente mezzo governo era stato subissato dal grido «dimettiti», più una pletora di sottosegretari e parlamentari vari. Tanto per non smentirsi, la nuova segretaria del Pd, Schlein, nel suo primo intervento, cosa ha fatto? Ha chiesto le dimissioni di qualcuno. Se per un momento ci facciamo seri, potremo osservare che la «dimissionite» è, per parafrasare Lenin, la malattia non infantile ma senile dell'estremismo. O, più che dell'estremismo, del vuoto politico, della sostituzione della politica con la propaganda. Tanto che un esponente del Pd potrebbe ripetere a Meloni quello che Togliatti disse a Nenni quando quest'ultimo varò il governo di centro sinistra: «beato te che fai politica, noi facciamo solo propaganda». Che senso aveva, infatti, domandare dimissioni che non si sarebbero mai ottenute, se non quello di gridare al vento? E, anche se il bersagliato si fosse dimesso, sarebbe stato sostituito da qualcuno di equivalente, se non di peggio. La dimissionite è invece cominciata negli anni Ottanta con l'inizio del declino della politica e la sua sostituzione con il moralismo giustizialista intrecciato ad un preteso efficientismo. Se per Togliatti non era la persona Scelba ad essere dannosa ma il suo ruolo politico, i suoi seguaci cominciarono a chiedere le dimissioni di questo o di quell'altro perché era l'individuo stesso a essere considerato indegno o incapace, o spesso entrambe le cose. Ecco perché l'anatema «dimettiti!» scatta indipendentemente dall'atto realizzato: un tweet, o un passaggio infelice in un'intervista sono considerati altrettanto gravi che mandare la polizia a sparare sui manifestanti. Però così tutte le vacche diventano nere, per dirla con Hegel o, per ripeterla in modo più volgare, tutto finisce in vacca.

Il culmine fu raggiunto negli anni di Tangentopoli e poi con i veri eredi del moralismo berlingueriano: i cinque stelle che, opponendosi ai governi di Renzi e di Gentiloni, chiedevano ogni secondo le dimissioni di qualcuno. E infatti, per ora, il nuovo Pd di opposizione sembra un copia del grillismo, solo molto meno divertente.

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