Continuano le proteste in Bangladesh, mentre la premier Sheikh Hasina (nella foto), che si è dimessa, fugge verso l'India. Per quanto l'agenzia Press Trust of India abbia specificato come la destinazione finale del viaggio sia Londra. La rivolta dura ormai da un mese.
Alla base di quello che può sembrare il prologo di una rivoluzione, c'è un punto preciso: il diritto all'accesso al lavoro nella Pubblica amministrazione. Lo stesso che oggi è limitato ai veterani della guerra d'indipendenza combattuta nel 1971. Erano i tempi della guerra indo-pakistana. La repressione, con la morte di 94 persone due giorni fa, è stato il segno dell'approccio governativo alla rivendicazione. In totale, sarebbero morte 300 persone. La scelta di Hasina di andarsene è dovuta anche all'assalto al Ganabhabam, la residenza ufficiale del primo ministro del Bangladesh.
Il clima, nel Paese, è tesissimo. E anche alcuni simboli della storia patria vengono distrutti da coloro che hanno decidere di scendere nelle strade. La statua di Sheikh Mujibur Rahman, padre dell'ex premier e padre dell'indipendenza bengalese, è caduta sotto i colpi dei rivoltosi. I manifestanti hanno preso di mira pure la sede della Corte suprema e la casa dell'ex premier che è nella capitale Dacca. Il confine indiano è più che sorvegliato. Modi ha deciso di sospendere tutti i treni di collegamento con il Bangladesh. Students Against Discrimination, l'organizzazione degli studenti che ha dato vita alla rivolta, non vuole un governo militare in sostituzione dell'assetto attuale. «Saranno gli studenti e l'opinione pubblica, che hanno portato a questa rivoluzione e hanno ottenuto la vittoria, a decidere chi prenderà il potere nel Paese. Abbiamo cacciato il fascismo e non permetteremo al fascismo di mettere radici in Bangladesh in futuro», hanno fatto sapere in un comunicato che è stato citato da Al Jazeera.
Una presa di posizione che è seguita all'annuncio da parte del generale Waker-uz-Zaman, capo delle forze armate bengalesi, che ha espresso la volontà di instaurare un governo ad interim. Il figlio di Hasina, parlando con la Bbc, ha difeso la madre: «Ha fatto un duro lavoro - ha detto - ma la minoranza si è rivoltata».
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