
Ciò che conta è la castità, non tanto l'orientamento sessuale. La Cei pubblica sul proprio sito le nuove linee guida per l'ammissione ai seminari e apre le porte anche agli omosessuali. Entrato in vigore il 9 gennaio, e per tre anni ad experimentum, il documento si intitola «La formazione dei presbiteri nelle chiese in Italia. Orientamenti e norme per i seminari» e chiarisce le modalità di ammissione in seminario. In primis, occorre mostrare, fin dall'inizio, «l'orientamento alla vita celibataria». In tal senso, non ci sarà uno sbarramento agli omosessuali in quanto tali, ma a coloro che «praticano». «Nel processo formativo - sottolinea il testo dei vescovi italiani - quando si fa riferimento a tendenze omosessuali è anche opportuno non ridurre il discernimento solo a tale aspetto, ma, così come per ogni candidato, coglierne il significato nel quadro globale della personalità del giovane, affinché, conoscendosi e integrando gli obiettivi propri della vocazione umana e presbiterale, giunga a un'armonia generale». E quindi, «l'obiettivo della formazione del candidato al sacerdozio nell'ambito affettivo-sessuale è la capacità di accogliere come dono, di scegliere liberamente e vivere responsabilmente la castità nel celibato».
Da qui la precisazione: «Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L'amore che vuole possedere - spiegano i vescovi - alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici». Il testo ribadisce una condizione già in vigore, ovvero che «la Chiesa, pur rispettando profondamente» i gay, «non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l'omosessualità». Il testo, inoltre, include tra le priorità da osservare per ammettere un candidato in seminario, il fatto che non sia mai stato coinvolto in episodi di abusi. «Massima attenzione dovrà essere prestata al tema della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, vigilando con cura che coloro che chiedono l'ammissione al Seminario maggiore non siano incorsi in alcun modo in delitti o situazioni problematiche in questo ambito», precisa il documento con le nuove linee guida. I social non sono banditi ma i seminaristi devono essere «accompagnati a maturare la capacità di abitare tale ambiente con consapevolezza e sapienza, riconoscendone le opportunità e i rischi».
Sul tema dell'ammissione degli omosessuali ai seminari era intervenuto anche il Papa, durante l'assemblea della Cei di maggio scorso, quando Francesco - parlando a braccio e a porte chiuse - aveva pronunciato una frase che aveva suscitato forte dibattito. «C'è già troppa frociaggine», aveva detto Bergoglio.
La sala stampa della Santa Sede aveva cercato di porre rimedio alla frase infelice del Papa, con una nota di precisazione. «Il Papa non voleva offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l'uso di un termine, riferito da altri».
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