Trentamila turisti sfollati, 82 roghi, case bruciate, alberghi svuotati, più di 250 vigili del fuoco impegnati contro tre fronti di fiamme scoppiati simultaneamente. Da sei giorni l'isola di Rodi, perla del Dodecaneso, è stata colpita da una distruzione mai vista prima: in fumo 3,5 milioni di ettari. Con il passare delle ore la tragedia ha assunto dimensioni sempre maggiori, perché l'iniziale ottimismo di ieri mattina con il regresso delle fiamme è stato abbattuto dalla ripresa del fuoco a causa del forte vento.
Decine le abitazioni e le ville date alle fiamme in vari villaggi, al pari di tre alberghi a Kiotari nel sud di Rodi gravemente danneggiati. Ad avere la peggio l'hotel Princess Sun, completamente distrutto dalle fiamme, con anche due veicoli dei vigili del fuoco intrappolati nel cortile. Tutte le strutture ricettive sono state evacuate anche grazie all'intervento di mezzi dell'esercito, dell'aeronautica e della protezione civile. L'incendio ha minacciato anche il Sacro Monastero di Ypseni, dove alcune suore sono rimaste intrappolate assieme al comandante dei Vigili del Fuoco, Nikitas Venios, che stava cercando di convincerle a lasciare il monastero e trasferirsi in un luogo sicuro. Scavati dei fossati dai pompieri nella zona sud-orientale dell'isola per stoppare le fiamme e creare così una sorta di barriera artigianale. Cibo, acqua e materassi sono stati messi a disposizione dal Comune e dai volontari, mentre il ministero della Navigazione ha inviato ieri pomeriggio 3 navi traghetto per l'esfiltrazione. Molte compagnie aeree hanno cancellato tutti i voli e hanno fatto atterrare aerei vuoti sull'isola proprio al fine di trasportare al sicuro i vacanzieri. Si tratta della più grande evacuazione mai effettuata in Grecia, con il contemporaneo impiego di cinque elicotteri e tre aerei ellenici, un velivolo dei vigili del fuoco dalla Repubblica Ceca e due dalla Turchia. Sul campo una temperatura di 43 gradi che non ha aiutato le operazioni. Tre i fronti del fuoco: a Kiotari e sud-ovest verso Gennadi, al Profeta Elia e est del lago Gadoura. Dichiarato lo stato di emergenza fino al prossimo gennaio.
Vigilano da ieri anche l'Unità di Crisi della Farnesina e l'ambasciata italiana ad Atene per assicurare protezione e supporto ai connazionali presenti sull'isola, la maggior parte dei quali si trovava a Lindos. Ieri è stato il giorno in cui l'anomala ondata di caldo Kleon ha raggiunto il suo apice nel paese, mentre da oggi le condizioni meteo saranno più che allarmanti con temperature in aumento. Oltre a Rodi ieri si sono verificati incendi anche nelle zone di Astakos, Karystos, Argolide, Beozia, Magnesia.
Ma non è tutto, perché questa domenica ha riservato anche un'altra tragedia: il crollo di un ponte fuori Patrasso ha provocato un morto e 13 feriti. Da giovedì quel tratto di strada era chiuso a causa dei lavori di demolizione per la ricostruzione del sottopasso. Un testimone oculare ha raccontato di essere vivo per miracolo: «Stavamo tirando fuori dei rottami metallici e il ponte ci è caduto addosso. C'ero anch'io laggiù. Ero in un angolo e sono scappato», aggiungendo che c'erano altre persone sotto le macerie. Tre persone sono state arrestate: un addetto alla sicurezza del progetto, un operatore di macchina, mentre il terzo è un operaio che si trova in ospedale perché ferito e il suo arresto verrà effettuato quando le sue condizioni lo consentiranno.
C'è però chi aveva previsto la pericolosità di quel ponte, come il sismologo Akis Tselentis, direttore dell'Istituto di geodinamica, secondo cui il ponte di Haradros da 4 anni è pericolante: «Passandoci sotto, ho scoperto che era estremamente pericoloso e da allora non è stato fatto più nulla. Ora piangiamo le vittime».
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