Ancora poche ore, e un primo segnale concreto potrebbe iniziare a abbassare la tensione tra Italia e Iran aumentando le chance di una soluzione in tempi brevi della drammatica situazione di Cecilia Sala, la giornalista detenuta nel carcere di Evin. Oggi il procuratore generale di Milano Francesca Nanni depositerà il suo parere sulla richiesta di scarcerazione di Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano arrestato il 16 dicembre all'aeroporto di Malpensa su richiesta del governo statunitense. Ormai è acclarato che l'arresto della Sala tre giorni dopo per imprecisate «violazioni della legge iraniana» è stata la reazione di Teheran, e che da quel momento la giornalista è diventata merce di scambio per Najafabadi.
L'attesa del parere della Procura generale di Milano si accavalla con la complessa trattativa che governo e intelligence stanno tessendo con i loro interlocutori iraniani per la liberazione della Sala. Ieri l'ambasciatrice italiana Paola Amadei ha consegnato al governo di Teheran una nota ufficiale in cui chiede nuovamente «il rilascio immediato della cittadina italiana Cecilia Sala» insieme a notizie precise «sulle condizioni di detenzione, sulla possibilità di fornire generi di conforto e sulla garanzia che questi vengano consegnati effettivamente alla cittadina italiana». «I tempi e le modalità di detenzione della cittadina italiana Cecilia Sala saranno una indicazione univoca delle reali intenzioni e dell'atteggiamento del sistema iraniano ne confronti della Repubblica italiana», dicono ieri fonti della Farnesina.
Nella nota trasmessa dall'ambasciatrice Amadei ovviamente non si fa cenno ai legami tra l'arresto della Sala e quello di Najafabadi, ma nelle trattative riservate i due casi sono entrambi sul tappeto. La imminente decisione della Procura di Milano è formalmente slegata dalle trattative, la Nanni dovrà valutare solo se sulla base degli elementi a disposizione la concessione degli arresti domiciliari a Najafabadi sia sufficiente a evitare che l'uomo sparisca nel nulla in attesa della decisione sulla sua estradizione negli Stati Uniti. Ma è chiaro che un parere favorevole all'istanza presentata dal difensore dell'iraniano verrebbe accolta positivamente a Teheran.
La decisione sui «domiciliari» a Najafabadi verrà poi presa, nell'arco di una decina di giorni, dalla Corte d'appello milanese, che dovrà valutare anch'essa se ci sono sufficienti garanzie che l'uomo in caso di scarcerazione venga sottoposto a controlli sufficienti a evitare il rischio di fuga. Ma la decisione più delicata che incombe sulla Corte d'appello è quella sulla richiesta di estradizione da parte degli Usa.
Qui la scelta dei giudici si baserà soprattutto sul materiale d'accusa messo a disposizione dagli americani, le prove del coinvolgimento di Najafabadi nella fornitura del sistema di navigazione del drone utilizzato per l'attacco di un anno fa alla base americana «Tower 22» in Giordania. Il problema è che a quasi due settimane dall'arresto alla Malpensa del businessman iraniano gli Stati Uniti non hanno ancora fatto pervenire il loro fascicolo alla Corte d'appello milanese.
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