Roma, spunta la lista degli Schindler italiani. "3.200 gli ebrei salvati in chiese e conventi"

Tra '43 e '44 migliaia nascosti dalle congregazioni religiose per sfuggire alla Shoah

Roma, spunta la lista degli Schindler italiani. "3.200 gli ebrei salvati in chiese e conventi"
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Una straordinaria scoperta archivistica, che fa un po' di luce sull'abisso del Novecento. Un autentico giacimento di storie e di vita è emerso fra le carte del Pontificio istituto biblico di Roma, dove è stata rinvenuto l'elenco delle persone (oltre 4.300) che trovarono rifugio presso le istituzioni ecclesiali di Roma durante le persecuzioni nazifasciste. In gran parte erano ebrei (oltre 3.200) salvati dalla furia della Shoah dentro conventi, chiese e istituzioni, anche grazie all'aiuto di tanti «Schindler» rimasti quasi sempre nell'ombra. Il «vero» Oskar Schindler (che era cattolico e riposa in un cimitero francescano a Gerusalemme) dovette aspettare gli anni Sessanta per veder riconosciuto il merito di aver salvato oltre mille ebrei dallo sterminio.

Nel caso di Roma, l'elenco delle congregazioni religiose (100 femminili e 55 maschili) che hanno ospitato ebrei era già stato pubblicato da Renzo De Felice nel 1961, anno in cui - con la Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo - il grande storico dette inizio al suo monumentale studio sul movimento e il regime mussoliniano.

La documentazione integrale sulle migliaia di ebrei salvati a Roma, però, era considerata perduta. E si pensava che la mancanza di ogni documentazione scritta fosse da addebitare anche a ragioni di prudenza, che avrebbe suggerito di evitare ogni pericolosa «tracciabilità», anche di fronte al ripugnante fenomeno delle delazioni.

Gli elenchi ora ritrovati si riferiscono a più di 4.300 persone, delle quali 3.600 vengono identificate per nome. Per motivi di tutela della privacy, l'accesso al documento è al momento riservato, ma dal confronto con i documenti conservati nell'archivio della Comunità Ebraica di Roma, circa 3.200 risultano con certezza ebrei. «Di questi ultimi sappiamo dove sono stati nascosti e, in talune circostanze, i luoghi di residenza prima della persecuzione», si legge in una nota del Pontificio Istituto Biblico, della Comunità ebraica di Roma e dello «Yad Vashem».

Inutile dire la «scoperta» è un tassello fondamentale nello studio del ruolo che ebbe la Chiesa in quegli anni, e rappresenta una tessera importante del rapporto, storicamente delicato, fra il Cattolicesimo e gli ebrei italiani.

I documenti sono stati presentati ieri presso il Museo della Shoah di Roma durante il workshop «Salvati. Gli ebrei nascosti negli istituti religiosi di Roma (1943-1944)». Finora inediti, gli elenchi furono stati compilati dal gesuita Gozzolino Birolo tra il giugno '44 e la primavera del 1945, subito dopo la liberazione di Roma. Birolo era stato economo del Pontificio istituto biblico dal 1930 fino alla morte nel 1945. Rettore dell'Istituto in questo periodo fu il gesuita padre Augustin Bea, che fu creato cardinale nel 1959 ed è noto per il suo impegno per il dialogo ebraico-cattolico, soprattutto per il documento del Concilio Vaticano II «Nostra Aetate».

Sulla vicenda di questi «giusti» cattolici sono state raccolte in passato innumerevoli testimonianze. L'ospitalità negli istituti religiosi - lo ha ricordato un servizio di Vatican News - poteva avere modalità diverse: dall'accoglienza di intere famiglie a quella di soli uomini, o donne o bambini.

«In molti casi, per ragioni di sicurezza, gli ospiti dovettero imparare le preghiere cristiane, vi fu anche chi vestì la tonaca quando si preannunciavano blitz nazifascisti». E la maggior parte delle testimonianze attesta «un pieno rispetto da parte di suore o sacerdoti del loro credo ebraico».

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