Nel pomeriggio spunterà il sole sulle zone allagate e disastrate dell'Emilia Romagna. Ma 350 millimetri caduti nelle ultime 48 ore a causa del ciclone Boris non si asciugano con un pallido sole autunnale. La situazione è drammatica e ci riporta al maggio 2023 quando caddero 400-450 millimetri d'acqua ma in due distinte alluvioni.
Questa volta la violenza dell'acqua ha colpito tutto in una volta. Lo confermano i 200 interventi effettuati dai vigili del fuoco nelle zone più colpite del ravennate, di Cesena, Forlì, Bologna, Rimini. Il vice ministro delle Infrastrutture Galeazzo Bignami fa sapere che ci sono due persone disperse a Bagnacavallo, una delle zone travolte dalle piene. E oltre alle possibili vittime, si aggiungono le recriminazioni, la conta dei danni, a cominciare da quelli subiti dagli 800 sfollati nel ravennate, dai 185 nel bolognese.
Poi ci sono le strutture collassate, ponti e case crollate, l'agricoltura martoriata, con molti ettari di seminativi e frutteti allagati e diverse strade collinari interrotte per frane. E come corollario l'amarezza di una popolazione disillusa. «Questa perturbazione era prevedibile ed era prevedibile il rischio scrive Gianni Fagnoli, presidente del comitato Io sto con l'Appennino romagnolo - il fiume passa da secoli nelle zone in cui è esondato. Abbiamo monti sguarniti ed escoriati dalle scorse alluvioni. Non è stato fatto nulla, i contadini sono stati lasciati soli. La macchina della ricostruzione ha fallito miseramente, i soldi promessi non sono arrivati, non sono stati fatti i decreti attuativi e questi sono i risultati, di una struttura commissariale che lavora da remoto». In un post diffuso su Facebook da Emilia Romagna Meteo una residente dei territori alluvionati mastica rabbia e scetticismo. «Non mi metto più in sicurezza, ho appena finito l'altro giorno di mettere l'ultimo mobile dopo l'alluvione del 2023. Questa volta preferisco affogare a casa mia con la mia casa piuttosto di rifarmi tutta la fatica che mi sono fatta anno scorso da sola».
Ma la presidente regionale Irene Priolo minimizza. «Al momento sono circa mille i cittadini sfollati, ma non sono significativi dal punto di vista dell'impatto della popolazione: non abbiamo i numeri dello scorso anno quando siamo arrivati fino a 45mila evacuati». Il prefetto di Ravenna Castrese De Rosa, però, definisce «grave» la situazione, tanto che a Ravenna le scuole sono chiuse anche oggi e l'allerta rossa scade solo a mezzanotte.
E passato il maltempo comincia lo scontro politico. Il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci punta il dito contro la regione sostenendo che non si sia fatto abbastanza. «Non tutto il denaro a disposizione è stato speso e non perché non ci sia stata programmazione, ma perché dall'altra parte non sono ancora state definite richieste, procedure e pianificazione da parte della Regione». In sostanza, dal governo si ribadisce che il compito della prevenzione strutturale e infrastrutturale «è di competenza delle Regioni» ma, assicura Musumeci, questo «non significa voler amplificare alcuna polemica politica». Elly Shlein parla di «sciacallaggio». Irene Priolo, che sta coordinando la macchina dell'emergenza dell'alluvione, declina il concetto: «Sono stati fatti tantissimi cantieri, mi dispiace lo scontro perché ormai è un leit-motiv, nei momenti di maggiore emergenza.
Lo sciacallaggio per quanto mi riguarda non è ammesso, soprattutto quando ci sono territori che stanno dando l'anima e il sangue attraverso i propri sindaci e amministratori. Tutta la manutenzione possibile sui fiumi è stata fatta - aggiunge -. La polemica non aiuta i cittadini, le istituzioni, dovremmo essere tutti dalla stessa parte. Ma ormai è da un anno e mezzo che va così».
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