Romeni evasi, al setaccio i campi rom

Polemiche sulla sicurezza del carcere romano La Procura indaga. Un'interrogazione di Fi

Romeni evasi, al setaccio i campi rom

Catalin Ciobanu e Mihai Florin Diaconescu sono due fantasmi. Le foto segnaletiche dei due romeni, evasi domenica pomeriggio da Rebibbia, sono a disposizione delle forze di polizia di tutta Italia. Ma dei due fuggiaschi non c'è traccia. Scomparsi nel nulla.Nessuna informazione, nessun indizio, nonostante la rete dei controlli abbia maglie strettissime e sia stata gettata fino alle frontiere. I controlli si estendono a campi nomadi, accampamenti abusivi e in queste ore gli investigatori hanno ascoltato anche parenti e conoscenti dei due stranieri, per capire se possano contare sull'appoggio di favoreggiatori che coprono la loro fuga. Ciobanu è stato condannato, in via non definitiva, per omicidio, e l'udienza è fissata a marzo. Diaconescu, invece, ha una condanna definitiva per rapina, legata a colpi messi a segno in villa, con fine pena nel 2021. A entrambi era stato consentito di lavorare in magazzino e proprio questo ha permesso di avere gioco facile per lasciarsi alle spalle Rebibbia. Disatteso, fino ad ora, l'appello partito dai legali dei due detenuti, che li invitavano a consegnarsi alla polizia.L'avvocato Cristiano Brunelli, difensore di Diaconescu, ha spiegato che il ragazzo era agitato per un residuo di pena, di altri 2 anni e mezzo di reclusione, che gli era stato notificato da poco. Mentre Ciobanu oggi sarebbe dovuto comparire davanti al gup, per il rito abbreviato, difeso dall'avvocato Andrea Palmiero per rispondere di sequestro di persona e morte come conseguenza di un altro reato in relazione al decesso nel 2013, per infarto, di un commerciante egiziano, vittima di ripetuti episodi di estorsione e sequestrato a scopo intimidatorio. La Procura di Roma indaga sull'evasione, anche per appurare eventuali carenze nei servizi di controllo del carcere romano. Sull'episodio c'è anche un'indagine interna del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. Per il segretario nazionale della Fp Cgil, Salvatore Chiaramonte, Rebibbia risente della carenza di personale, strutture fatiscenti e mancanza di strumenti di supporto alla vigilanza.Ma sul caso non si placano le polemiche. «I detenuti stranieri condannati in Italia devono scontare la pena nel loro Paese d'origine - sostiene Deborah Bergamini, di Forza Italia -. Lo prevede anche la Convenzione di Strasburgo del 1983 ratificata dall'Italia nel 1988». L'anno scorso qui il numero di detenuti stranieri ammontava a circa 17.500 unità, ovvero il 32 dell'intera popolazione carceraria, per un costo di 2,6 milioni di euro al giorno.

«Ho presentato un'interrogazione al ministro della Giustizia Orlando - conclude la Bergamini - affinché il nostro Paese implementi, attraverso la sottoscrizione di accordi bilaterali con gli altri firmatari, il rimpatrio degli stranieri detenuti in Italia».

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