È la più dolorosa delle staffette quella che si è consumata ieri nei cieli d'Italia. Mentre da Ciampino un team di investigatori del Ros partiva alla volta di Kinshasa, nel medesimo aeroporto atterrava il velivolo proveniente dall'ex Zaire con le salme dell'ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, trucidati l'altra mattina assieme all'autista Mustapha Milambo in un vile agguato nel Nord Est del Congo. A distanza di 48 ore la ricostruzione della tragedia è ancora fragile e costellata da troppi punti interrogativi, mentre i giornali locali titolano «Le grand choc».
È arrivato nel frattempo il primo rapporto dell'intelligence italiana sull'accaduto. I servizi non escludono il coinvolgimento delle milizie della Allied Democratic Forces (Adf), un gruppo di guerriglieri ugandesi sospettato di adesione al jihadismo. Gli 007 ipotizzano una rapina come movente dell'attacco. Il governo di Kinshasa, attraverso l'intervento della ministra degli Esteri Marie Ntumba Nzeza aveva inizialmente accusato del massacro le Forze Democratiche della Liberazione del Ruanda (Fdlr), fazione ribelle di etnia Hutu. Le Fdlr hanno però negato il coinvolgimento e in un comunicato diffuso su twitter puntano il dito contro elementi corrotti dell'esercito congolese e di quello ruandese. Nella zona del parco Virunga, fra Congo, Ruanda e Uganda, operano molte formazioni ribelli che spesso prendono di mira i ranger.
Gli investigatori, congolesi e italiani, hanno in agenda un interrogatorio con Christian Shamavu, comandante dei ranger, per conoscere più dettagli possibili sull'imboscata. Secondo le testimonianze fin'ora raccolte, il convoglio Onu era composto da due autovetture del Programma alimentare mondiale (Pam) e da sette persone, quattro congolesi e tre italiani. Oltre ad Attanasio e Iacovacci, il terzo italiano coinvolto nell'agguato, Rocco Leone, vice direttore del Pam a Kinshasa, è rimasto illeso, in buone condizioni. Gli altri tre che mancano all'appello sono cittadini congolesi che sarebbero stati rapiti dal commando.
Gli aggressori, cinque o sei, erano armati con mitragliatrici tipo AK47 e un machete. Hanno sparato colpi ai pneumatici prima di costringere gli occupanti dei veicoli a scendere e seguirli fino in fondo alla riserva, dopo aver colpito uno dei conducenti per creare il panico. Con l'arrivo delle guardie del parco e dei militari presenti nei dintorni si è innescata una sparatoria. Il commando armato avrebbe sparato a bruciapelo al carabiniere e all'ambasciatore, ferendolo all'addome. Il quadro è tutt'altro che chiaro e gli scambi di accuse tra le parti coinvolte confermano la complessità dello scenario. «Gli assalitori parlavano in kinyarwanda - ha precisato la ministra Ntumba Nzeza - è probabile che siano rwandesi». Un'affermazione quanto meno azzardata, visto che il kinyarwanda è un idioma molto diffuso anche in Congo, così come in Uganda.
Per il momento è tutta una questione di aerei. I Ros sono volati a Kinshasa, su delega della Procura di Roma, per affiancare gli investigatori locali nelle indagini, coordinate in Italia dai pm Sergio Colaiocco e Alberto Pioletti. Dovranno acquisire i verbali delle testimonianze e verificare quali siano state le armi usate dai ranger che sono intervenuti durante il tentativo di sequestro.
Il velivolo dell'Aereonautica militare italiana è rientrato invece nella notte a Ciampino, con le spoglie di Attanasio e Iacovacci.Le autopsie sui loro corpi verranno effettuate oggi presso l'Istituto di medicina legale del Policlinico Gemelli.
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