Sabato a Roma i colloqui Usa-Iran sul nucleare. "Teheran non è lontana dalla bomba atomica"

L'avviso del capo Aiea. Ipotesi Usa: uranio a un Paese terzo

Sabato a Roma i colloqui Usa-Iran sul nucleare. "Teheran non è lontana dalla bomba atomica"
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Dopo una serie di annunci e smentite, è arrivata la conferma che sabato Roma sarà teatro del secondo round di colloqui Stati Uniti-Iran sul programma nucleare di Teheran. La scorsa settimana era toccato all'Oman, sede del primo giro di negoziati, ora è la volta dell'Italia, nonostante le perplessità degli iraniani, che avrebbero voluto evitare di trovarsi nella capitale mentre è in visita anche il vicepresidente Usa JD Vance. Ai negoziati parteciperà il rappresentante americano Steve Witkoff, reduce dai colloqui a Parigi con Macron. Presente anche il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, che farà tappa oggi a Mosca per consultazioni, e infine il ministro degli esteri omanita Badr Albusaidi, mediatore e che potrebbe fare gli onori di casa nell'ambasciata dell'Oman a Roma. A margine degli incontri, il ministro degli esteri Antonio Tajani vedrà Witkoff e il ministro omanita.

I colloqui ripartono a distanza di una settimana dai precedenti, con lo spettro della bomba nucleare che aleggia su Teheran. Secondo Rafael Grossi, direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), l'Iran «non è lontano» dal possedere la bomba nucleare. Grossi è arrivato ieri in Iran alla guida di «una delegazione tecnica» e prima del viaggio ha confermato a Le Monde i timori della comunità internazionale: «È come un puzzle - ha spiegato il diplomatico argentino - Hanno i pezzi e forse un giorno potrebbero rimetterli insieme. C'è ancora molta strada da fare prima di arrivarci. Ma non sono lontani, dobbiamo ammetterlo». «Non basta dire non abbiamo armi nucleari. Dobbiamo essere in grado di verificarlo», ha aggiunto Grossi, che incontrerà il ministro iraniano e il capo dell'Organizzazione dell'energia atomica di Teheran, Mohammad Eslami.

Le dichiarazioni alla vigilia dei colloqui non lasciano ben sperare. Il presidente iraniano Pezeshkian dice che il regime accoglierà «con favore» l'accordo, se arriverà, ma il ministro Araghchi precisa che «la questione dell'arricchimento dell'uranio», imprescindibile per la produzione della bomba atomica, «non è negoziabile». Poche ore prima, a marcare la distanza fra le parti, su X l'inviato degli Stati Uniti Witkoff aveva invece avvertito che «l'Iran deve abbandonare anche l'arricchimento» e un'intesa non potrà prescindere da questa condizione, tanto che - secondo il Guardian - la proposta di Washington a Teheran consisterebbe proprio in un piano per trasferire le scorte di uranio altamente arricchito in un Paese terzo, come la Russia.

Il Cremlino promette che farà il possibile «per contribuire a una soluzione diplomatica». Ma intanto, in un clima di alta tensione internazionale, mentre in Medioriente prosegue il conflitto a Gaza e l'Iran guida l'asse della resistenza contro Israele, gli Stati Uniti si preparano al peggio. Se le trattative dovessero fallire, Donald Trump e Benjamin Netanyahu sono pronti all'opzione militare contro Teheran. Nelle ultime ore bombe MK-84 e missili intercettori sono stati trasportati dagli Usa alla base aerea di Nevatim, in Israele.

Entro maggio, Washington punta a rifornire i magazzini israeliani svuotati durante la guerra. Anche perché intanto la Guida Suprema iraniana Khamenei su X minaccia: «La viziosa gang sionista va eliminata dalla regione».

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