Il salario minimo? I veri sottopagati lavorano alla Camera

La denuncia di Fdi: "Le cooperative a Montecitorio danno stipendi da fame"

Il salario minimo? I veri sottopagati lavorano alla Camera
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Tra una protesta in difesa del reddito di cittadinanza e una raccolta firme per il salario minimo, il Pd e il M5S si sono dimenticati di difendere i lavoratori che incrociano ogni giorno nei corridoi e nei meandri di Montecitorio e che vivono come precari da decenni. Non si tratta degli assistenti parlamentari e dei consiglieri che sono a tutti gli effetti dipendenti della Camera e neppure dei collaboratori dei deputati, i cosiddetti portaborse di cui si è occupato l'ex presidente Roberto Fico nella passata legislatura. No, qui si sta parlando di centinaia di lavoratori che si occupano delle pulizie, della ristorazione, del facchinaggio o del parcheggio.

«Sono dipendenti delle cooperative che vincono le gare d'appalto e molti di loro hanno stipendi da fame», rivela il deputato di Fratelli d'Italia, Paolo Trancassini, questore anziano della Camera dall'inizio di questa legislatura. «Le prime volte che li ho incontrati non riuscivo a credere a quel che mi stavano raccontando, ma poi ho visto le loro buste paga», dice l'esponente meloniano che, proprio nel corso di una seduta dell'Aula, ha mostrato due cedolini: uno da 460 euro e uno da 900 euro. Ma non è finita qui. Chi si occupa delle pulizie, spesso e volentieri, è costretto a fare turni alquanto impegnativi perché, lavorando tre ore la mattina e tre ore nel tardo pomeriggio, ha davanti a sé cinque ore da trascorrere fuori Montecitorio. «Ebbene sì, capita anche questo. Che dei lavoratori, che magari abitano lontano dal centro di Roma, siano costretti a rimanere per 4-5 ore nei pressi di piazza Montecitorio», racconta Trancassini, interdetto per questa scandalosa situazione di precariato. «Nessuno ha mai scritto che durante la gestione del pentastellato Fico il personale interno veniva sfruttato», dice esprimendo il suo sgomento. Ora il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia ha preso a cuore la situazione di questi lavoratori e ha presentato un ordine del giorno «perché vogliamo occuparci di queste persone di cui non si è mai occupato nessuno», sottolinea il questore meloniano. Tale ordine del giorno «impegna il collegio dei questori a valutare l'opportunità di migliorare i servizi, ottimizzare i servizi e pagare adeguatamente i lavoratori, anche con la realizzazione di una società in-house». Ebbene, il Pd e il M5S, posti di fronte a tale proposta, hanno espresso voto contrario. «Come si può essere contrari?», si chiede Trancassini che liquida il comportamento dell'opposizione con una battuta pungente: «La sinistra, come al solito, quando da una parte ci sono i lavoratori e dall'altra ci sono le cooperative emiliane si schiera con queste ultime». L'unica motivazione plausibile, in effetti, secondo l'esponente di Fratelli d'Italia, è che si vuole impedire di internalizzare questi dipendenti per continuare a favorire le cooperative.

«Assumendo questo personale, ottimizzeremo i servizi e risparmieremo perché non abbiamo un utile d'impresa e tutelare questi lavoratori che, da decenni, hanno stipendi da fame», assicura Trancassini convinto che creare una società in-house («priva di consigli d'amministrazione»), escludendo le cooperative che per loro stessa natura devono fare utili, possa migliorare questa situazione. «Diventa ridicolo che noi che possiamo migliorare la vita dei lavoratori che incontriamo quotidianamente ci giriamo dall'altra parte e, poi, ci azzuffiamo per il salario minimo», sentenzia il questore meloniano.

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