È a doppio filo il legame tra l'urbanistica milanese e Roma. Se, infatti, c'era tempo fino a ieri alle 18 per la presentazione dei subemendamenti al cosiddetto «Salva Milano», l'emendamento al Ddl sulla Rigenerazione urbana, in tarda mattinata a Milano la Gdf ha messo sotto sequestro un altro cantiere finito nel mirino dei pm. Dodici le persone indagate, tra cui funzionari comunali, membri della Commissione paesaggistica del Comune e perquisita (ma non indagata) l'ex vicesindaco e assessore all'Urbanistica della giunta Pisapia, Lucia de Cesaris.
Il Salva Milano passerà al vaglio della Commissione Ambiente, che lo dovrebbe votare giovedì. Poi il passaggio in Aula la settimana successiva, l'iter approvativo dovrebbe concludersi a fine anno. A Roma ieri si discuteva delle modifiche al testo che propone «un'interpretazione autentica» della legge urbanistica del '42, dando di fatto ragione al Comune di Milano sui 150 progetti autorizzati e bloccati dalla inchieste giudiziarie. L'«interpretazione autentica», caldeggiata dall'amministrazione e dagli stessi operatori, metterebbe una volta per tutte un punto sul delicato tema della Scia, ovvero del permesso a costruire senza piano attuativo, se in contesti altamente urbanizzati. Tradotto: non è necessario predisporre un piano concertato dei servizi nel caso in cui le nuove edificazioni, sorgano in quartieri già abitati, costruiti e dotati di servizi e infrastrutture. «L'approvazione preventiva di un piano particolareggiato non è obbligatoria nei casi di edificazione di nuovi immobili (...), di sostituzione di edifici esistenti e di interventi su edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati». Così «rientrano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli che presentino sagome, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche anche integralmente differenti da quelli originari». Ecco quindi che con questi pochi articoli si avalla l'operato del Comune che ha autorizzato con Scia, e quindi senza piano attuativo, interventi di demolizione e ricostruzione di torri in cortili, con sagome diverse e che sono appunto oggetto delle inchieste della Procura. In tutto 13 casi da piazza Aspromonte (indagati, tra gli altri, l'allora dirigente dello Sportello unico per l'edilizia Carla Barone, l'ex componente e presidente della Commissione per il paesaggio Paolo Mazzoleni attuale assessore all'Urbantstica a torino), alla Torre Milano in fase di udienza preliminare, e ancora Park Tower in via Crescenzago, il progetto Bosconavigli, o la doppia inchiesta su via Lamarmora. Le indagini riguardano 150 progetti e il blocco delle autorizzazioni da parte dello Sportello Unico per l'edilizia con la paralisi della città (e 100 milioni di oneri di urbanizzazione non incassati).
Per i pm Marina Petruzzelli, Mauro Clerici e Paolo Filippini quello che emerge è un «quadro allarmante che vede i progetti urbanistici sul territorio milanese dipendere, in maniera di fatto determinante, dal parere della Commissione per il paesaggio del Comune di Milano, i cui membri sono risultati agire in un contesto caratterizzato da conflitti di interesse e comunque opacità».
E proprio ieri mattina un altro intervento della fattispecie ha scaturito l'ordine di sequestro (è il terzo caso) eseguito dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, da cui emerge «un vero e proprio sistema di metodologie illegali di rilascio o di asseverazione di titoli edilizi».
Nell'inchiesta che ha portato ai sigilli per il maxi cantiere di Scalo House, in via Lepontina angolo Valtellina che prevede due torri, ancora da edificare e lo studentato, aperto da un paio di anni, le accuse sono «violazioni della normativa urbanistica, con conseguente quantificazione sottostimata degli oneri di urbanizzazione e un illecito aumento delle superfici e cubature realizzabili», «falso in atto pubblico» per i funzionari comunali, false dichiarazioni sull'identità.
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