Chissà quante volte in questi giorni il Capitano avrà ripensato a quell'adagio che recita più o meno «Dio mi guardi dagli amici che a guardarmi dai nemici ci penso da me». Un adagio che si adatta perfettamente, come un abito di alta sartoria, alla condizione salviniana. È sempre più difficile, infatti, per il leader della Lega, smarcarsi dalle pressanti richieste di esponenti di spicco del Carroccio che reclamano un congresso. L'idea, sponsorizzata da molti, e invocata soprattutto dai leghisti dell'«area Zaia», non piace, però, al segretario. Un congresso prima dell'elezione del Quirinale? Manca il tempo per organizzarlo. Oltretutto, fanno notare i più maliziosi tra gli osservatori di cose politiche, sarebbe necessario avallare e «benedire» l'uso del green pass per organizzare la grande assise dei delegati del Carroccio. E non può essere proprio Salvini ad avallare l'uso di uno strumento che per mesi è andato contestando in tutti i modi.
C'è anche la questione legata alle dimissioni di Claudio Durigon per le polemiche suscitate dalle sue dichiarazioni sul «parco Mussolini» di Latina. Polemiche che hanno infastidito l'ala governativa della Lega, quella che per intenderci si riconosce soprattutto per la sua difesa delle partite Iva e delle piccole e medie imprese del Nord. Quella autonomista che ripudiava, ai tempi di Umberto Bossi, ascendenze di destra o di sinistra. Adesso il «caso Morisi» e quell'effetto boomerang provocato dalla accesa campagna mediatica che la macchina propagandistica di Salvini (che proprio Luca Morisi guidava) ha innescato per attaccare i fautori del Ddl Zan e quanti sono favorevoli a una legalizzazione delle droghe leggere, si ritorcono contro il leader. E il verdetto delle Amministrative potrebbe essere la resa dei conti in casa Lega. Con i salviniani (Borghi, Siri, Bagnai) sempre più insofferenti della «libertà» di pensiero di Giorgetti mentre i leghisti della prima ora mal sopportano le derive sovraniste. Per non parlare della nuova spina nel fianco arrivata con l'annuncio di Flavio Tosi di un suo ritorno in campo per le Comunali veronesi del prossimo anno. «Meglio che agli amici ci pensi Iddio». Più semplice attaccare, come continua a fare Salvini, la sinistra per il doppiopesismo usato nei confronti di Morisi: «Tutto questo è fatto per attaccare politicamente me, sono dei conigli, prendetevela con me».
E la miglior difesa resta l'attacco. «Oggi è uscita la notizia della condanna a 13 anni di qualcuno, un sindaco del Pd, che ha grattato sull'immigrazione clandestina, ma io non gioisco per le sventure altrui - afferma lo stesso Salvini durante un comizio elettorale a Mentana, riferendosi alla condanna in primo grado dell'ex sindaco di Riace Mimmo Lucano -. Ma siccome ci sono le tv che sbirciano e cercano il leghista omosessuale, allora dico che certi giornalisti dovrebbero vergognarsi, a me non interessa che ci siano omosessuali, transessuali, a me interessa che ci siano persone per bene». E poche ore prima aveva preso più direttamente di mira la sinistra su Twitter: «Altro che dare la caccia agli omosessuali nella Lega, la sinistra in Calabria candida condannati a 13 anni di carcere!»
Confortato però dal bagno di folla nel piccolo comune alle porte di Roma e poi nel quartiere di Tor Bella Monaca, Salvini torna il leone capace di ruggire con forza anche contro i suoi stessi sodali. Non teme per la sua leadership, fa sapere.
E i congressi, appena possibile, si faranno. Almeno quelli provinciali. E riguardo la smentita di Giorgetti del suo endorsement a Carlo Calenda, il leader risponde con un'alzata di spalle: «Se qualcuno fraintende la colpa è tua che ti sei spiegato male».
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