La richiesta pubblica di Matteo Salvini. Le iniziali perplessità del Colle. La mediazione di Giancarlo Giorgetti. Il via libera del Quirinale e oggi l'incontro tra il leader della Lega e Sergio Mattarella, un faccia a faccia che almeno ufficialmente si svolgerà dentro un perimetro ristretto e predefinito visto che il capo dello Stato ha specificato che non si parlerà di magistratura («sono escluse dall'oggetto del colloquio valutazioni o considerazioni su decisioni della magistratura», si leggeva sabato in una nota).
Un modo per evitare uno strappo tra presidenza della Repubblica e governo e specificare che non si toccherà la questione della sentenza della Cassazione sui 49 milioni di rimborsi pubblici che sarebbero stati incassati in modo illecito dalla Lega. Poi naturalmente il discorso potrà toccare qualunque tema (Salvini mercoledì ha un delicato incontro bilaterale con il ministro dell'Interno tedesco Horst Seehofer a Innsbruck, alla vigilia del vertice dei ministri dell'Interno dell'Ue) ma Mattarella si limiterà all'ascolto e non si farà coinvolgere in polemiche contro la magistratura.
«Chiederà un consiglio a chi è garante dei diritti costituzionali», spiegano i leghisti interessati soprattutto alla valenza simbolica della protesta. Salvini al Quirinale si presenterà da solo questa mattina a mezzogiorno. La sua intenzione è quella di rivendicare l'agibilità politica della Lega, provando a esercitare una sorta di moral suasion e facendo capire che si trova al centro esatto di un paradosso perché la sua Lega da parte lesa si ritrova a essere considerata come una sorta di co-imputata. Questo è quanto dovrà essere percepito all'esterno perché poi il contenuto del colloquio si concentrerà sul primo mese di governo, sull'attualità politica, sui rapporti internazionali dell'Italia e sulla questione immigrazione e il tema della sentenza verrà forse soltanto accennato. Ma la sostanza è il desiderio di reagire, muovendosi comunque nel solco costituzionale.
Salvini, nella sua battaglia, ha trovato una sponda tiepida nei Cinquestelle. Se il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha invitato il collega di governo e vicepremier a commenti più pacati - «Tutti devono potersi difendere fino all'ultimo grado di giudizio. Poi, però, le sentenze vanno rispettate, senza evocare scenari che sembrano appartenere più alla Seconda Repubblica» - Luigi di Maio ha mantenuto una sostanziale equidistanza. «Chiedere un incontro al presidente della Repubblica è legittimo. Dal Quirinale poi fanno sapere che non si parlerà di magistratura», ha ribadito ieri a L'intervista di Maria Latella su SkyTg24. «Non ho nessun imbarazzo su questa vicenda che riguarda i tempi di Bossi». Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli sceglie anche lui la strada della prudenza. «Non conosco le carte giudiziarie riguardanti i soldi della Lega, ma le sentenze vanno sempre rispettate». Una prudenza che viene «pizzicata» dall'azzurro Osvaldo Napoli che nota il doppiopesismo dei Cinquestelle rispetto alle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi.
«Le vestali della morale pubblica che agitavano la spada quando il presidente Berlusconi era finito sulla friggitrice di processi per lo più infondati, dove sono finite? Il vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio - prosegue Napoli - è lo stesso che all'atto della nascita del governo si rifiuto con intransigenza di trattare con Forza Italia perché non poteva sedere allo stesso tavolo con Berlusconi, oggi ha rinfoderato la spada sulla vicenda dei soldi della Lega e se la prende con l'eccesso di correnti nella magistratura».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.