Rilancia Matteo Salvini. Ma lo fa senza alzare il termometro dello scontro e con toni piuttosto pacati. Nel tentativo di riuscire a muoversi con destrezza su un filo sempre più sottile, dove non è affatto facile restare in equilibrio a lungo. Tenere insieme istanze così diverse e contrastanti, infatti, è un lavoro rischioso e di paziente cesello, a cui - peraltro - l'ex ministro dell'Interno non è particolarmente incline.
Eppure, per il momento, il leader della Lega riesce a giocare nel doppio ruolo di «responsabile governista» e «polemico aperturista». La sua Lega sostiene l'esecutivo guidato da Mario Draghi, eppure è sempre la sua Lega a puntare il dito contro un eventuale prolungamento delle chiusure (tema sul quale un pezzo importante dell'elettorato leghista del Nord è molto sensibile). Lo aveva fatto venerdì, con tanto di replica pubblica del premier. E si è ripetuto ieri, a conferma che sul punto l'intenzione è non retrocedere di un millimetro. «Se dopo Pasqua la situazione sanitaria sarà tornata tranquilla e sotto controllo, è giusto riaprire bar, ristoranti, scuole, palestre, teatri, centri sportivi e tutte le attività che possono ripartire in sicurezza», ripete il concetto Salvini. Certo, lo fa guardandosi bene dal dare adito a polemiche. Senza chiamare in causa Draghi, ma nemmeno il ministro della Sanità Roberto Speranza, a suo avviso uno dei principali colpevoli degli «eccessi della linea rigorista». Tutto questo, è infatti il senso dei ragionamenti che il leader della Lega fa spesso in privato, è frutto del «partito del terrore Speranza-Franceschini», che «puntano a risolvere il problema contagi in modo semplicistico», cioè «tenendo tutto chiuso». Insomma, a pochi giorni dal Consiglio dei ministri che dovrebbe occuparsi proprio di chiusure e riaperture - è in agenda per martedì o mercoledì - Salvini spinge sull'acceleratore. E strizza l'occhio a quel corposo pezzo del suo elettorato che chiede di riaprire al più presto. Non è un caso che un leghista di osservanza salviniana come il viceministro per le Infrastrutture Alessandro Morelli abbia avuto parole molto critiche verso il premier nel corso di alcuni incontri pubblici in Lombardia. D'altra parte, il parallelo tra Draghi e il suo predecessore Giuseppe Conte ritorna spesso nella delusa base del Carroccio in questi ultimi giorni. E Salvini non può non tenerne conto. Di qui la sua insistenza, seppure con un approccio molto più soft di quello avuto con il governo precedente. Anzi, sembra che i rapporti tra il leader della Lega e il premier siano assolutamente cordiali e che ci sia anche una certa frequenza nei contatti diretti tra i due (l'ultima volta venerdì). D'altra parte, l'ex presidente della Bce è tutto fuorché poco avvezzo alle cose della politica, come sta dimostrando in questi ultimi giorni. È consapevole, dunque, della difficoltà in cui si muove Salvini e non ha intenzione di aprire un caso sul tema riaperture. Come ha già detto, si muoverà in modo «pragmatico». E le decisioni riguardo a quanto accadrà dopo Pasqua e nel ponte del Primo maggio saranno prese solo ed esclusivamente in base ai numeri dei contagi (circostanza ieri ribadita da Speranza). Ipotesi di un eventuale Aventino dei ministri leghisti, invece, al momento non sembrano affatto preoccupare Palazzo Chigi. Perché, è il ragionamento, è vero che Salvini deve marcare il territorio sul fronte aperture, ma certo non è in condizione di disconoscere quello che è a tutti gli effetti un governo di unità nazionale. Peraltro, con Forza Italia che si è attesta su una linea molto più prudenziale, visto che il ministro Mariastella Gelmini si è concentrata soprattutto sulla questione ristori («facciamo in modo che siano contestuali alle chiusure»).
L'uscita del leader della Lega, però, per quanto a bassa intensità accende il centrosinistra. Critico l'ex ministro Francesco Boccia, ma soprattutto Enrico Letta.
«Vedo la Lega in difficoltà, ma soprattutto - attacca - gli atteggiamenti di Salvini sono quelli di chi non sa come prendere questa situazione». La conferma che il neosegretario del Pd ha intenzione di marcare quanto più possibile le spinte identitarie dei dem, ovviamente lontanissimi dalla linea del Carroccio.
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