San Suu Kyi condannata a 4 anni di prigione. L'Onu: "Processo truccato, così stop al dialogo"

L'ex leader accusata di incitamento al disordine. Nazioni Unite contro i militari

San Suu Kyi condannata a 4 anni di prigione. L'Onu: "Processo truccato, così stop al dialogo"

L'ex leader del Myanmar Aung San Suu Kyi è stata condannata a quattro anni di carcere, poi secondo quanto riportato dalla Tv statale ridotti a due da Min Aung Hlaing, il capo della giunta militare al potere dal colpo di Stato del primo febbraio scorso. La sentenza è stata pronunciata nella mattinata di ieri in un tribunale di Naypyidaw, la capitale del Paese. La donna è stata giudicata colpevole di «incitamento al disordine» e di aver «violato le restrizioni sul Coronavirus» durante la campagna elettorale. Con le stesse accuse, assieme a lei, è stato condannato anche l'ex presidente Win Myint.

«La condanna non solo nega la libertà alla premio Nobel per la pace, ma chiude la porta al dialogo», ha dichiarato Michelle Bachelet, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. «In un processo truccato con una procedura segreta in un tribunale controllato dai militari non è altro che motivata politicamente», ha aggiunto. Le condanne arrivate ieri alla Suu Kyi potrebbero essere solo le prime di una lunga serie. Su di lei, infatti, pendono altri dieci capi d'accusa, che vanno dall'abuso di potere, alla violazione dei segreti di Stato, fino al possesso illegale di walkie-talkie e corruzione. Se ritenuta colpevole, la leader della National League for Democracy (Nld), il partito vincitore delle ultime elezioni, rischia fino a 104 anni di reclusione. Suu Kyi, 76 anni, 15 dei quali passati agli arresti domiciliari tra il 1989 e il 2010, è tenuta in un luogo sconosciuto nella capitale dall'alba del primo febbraio e non è chiaro se sarà subito trasferita in carcere. In questi mesi non le è stato consentito di comunicare con il mondo esterno e le notizie sul processo sono state molto limitate, poiché la giunta ha vietato ai suoi avvocati di parlare con la stampa.

Dopo il colpo di Stato, centinaia di migliaia di persone sono scese per le strade del Paese per manifestare contro i militari e per chiedere la liberazione di Suu Kyi e degli altri politici arrestati. Le proteste, come è consuetudine in questa parte del Mondo, sono state represse nel sangue. Fino ad oggi, secondo quanto riporta l'associazione non governativa Assistance Association for Political Prisoners, sono state uccise 1300 persone e oltre 10mila sono state arrestate. Ma la repressione non ha fermato il dissenso. Le proteste pacifiche negli ultimi mesi sono cessate solo per dare spazio ai gruppi armati di autodifesa popolare addestrati dagli eserciti etnici che combattono da decenni per uno Stato federale e appoggiati dal governo ombra, il National Unity Government (Nug), che stanno compiendo quotidianamente azioni di guerriglia in molte zone del Myanmar.

Intanto, mentre l'economia del Paese sta andando a rotoli e il livello di povertà della popolazione sta aumentando vertiginosamente, dopo le condanne di ieri, c'è il rischio che la situazione si infuochi sempre di più. E potrebbe portare presto ad una vera e propria guerra civile.

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