Ne abbiamo contati 380, uno più o uno meno. Sono i documenti che compongono il fornito dossier sulla sanità emiliana, fulcro dell'infuocata campagna elettorale in vista del voto del 26 gennaio. Si tratta di segnalazioni e richieste di spiegazioni in merito a presunti disservizi su visite, operazioni, liste di attesa, agende chiuse, organizzazione, problemi dei lavoratori e chi più ne ha, più ne metta. L’assessore alla sanità, Sergio Venturi, aveva promesso di fare "il nostro lavoro fino in fondo" per vagliare le segnalazioni e dare delle risposte "nei tempi giusti". Ad oggi, però, la giunta Bonaccini non ha ancora battuto il colpo.
Le interrogazioni sono state depositate in viale Aldo Moro dal consigliere della Lega Daniele Marchetti. Il primo documento è stato consegnato il 21 novembre 2019, l’ultimo è stato iscritto al protocollo il 10 dicembre. Ricorderete forse che, durante il faccia a faccia a Cartabianca su Rai3, Lucia Borgonzoni mostrò alle tv un voluminoso pacco di carte contenente le 300 segnalazioni raccolte tra i cittadini (altre sarebbero arrivate successivamente). Bonaccini in diretta si disse pronto a esaminarle, perché "rispondiamo a tutti". Disponibilità ribadita anche dall’assessore alla sanità. Il fatto è che a 10 giorni dalla data del voto, ancora non c'è traccia della replica della Regione. Per quanto riguarda gli atti presentati a novembre, la prima scadenza per la risposta era stata fissata al 21 dicembre. Cinque giorni prima, però, è stato richiesto un raddoppio del tempo, che ha sposato così il termine al 20 gennaio 2020. Lasciando solo una settimana per l'inevitabile dibattito che ne seguirà.
Come rivelato nell’inchiesta del Giornale.it (leggi qui), non è tutto oro quel che luccica nella sanità emiliano romagnola. Per carità: il servizio è buono e le eccellenze non mancano. Ma ci sono anche le zone d’ombra. "Nell’ultimo anno - denuncia un cittadino - dopo aver dovuto sottomettermi a un ciclo di radio, ho riportato una serie di ustioni e in reparto non avevano materiale sufficiente e idoneo per potermi medicare". Le segnalazioni presentate alla giunta sono tante, sarebbe sciocco riportarle tutte, quindi ci limiteremo a segnalarne alcune. Ad esempio, a Reggio Emilia una paziente sostiene di aver provato a prenotare l'anno scorso il "test alla Metacolina prescritto dal mio pneumologo". La risposta dal Cup del Santa Maria Nuova è che "l'agenda era chiusa", cioè risultava impossibile fissare l'appuntamento. Alla fine la malcapitata ha deciso di rinunciare a fare l'esame. E non è l'unico inciampo. La signora infatti voleva prenotare "una visita ginecologica a Scandiano al nuovo centro per la menopausa". Risultato: "Sempre la stessa risposta, agenda chiusa".
Molte delle segnalazioni oggetto di interrogazione derivano da commenti pubblicati su Facebook dagli stessi cittadini. C'è da sbizzarrirsi. "Mio padre - scriveva un utente a ottobre - deve fare un esame al cuore, gli hanno dato l’appuntamento nel 2020 ad aprile. Ha 88 anni". Un paziente denuncia che in Emilia "l'unico modo per avere una visita veloce è pagare", un altro sostiene di essere dovuto andare a Monselice (in Veneto) "per una risonanza" e un altro ancora che una "MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata, ndr) prenotata un mese fa è stata fissata a giugno 2021". C'è chi lamenta le "attese lunghe e stressanti ai pronto soccorso", chi il fatto che "per fare la Tac per sospetto tumore" servono "otto mesi e campa cavallo che l'erba cresce".
Una "Regione che non funziona più", si sfoga sui social qualcuno. "Anche a Ferrara è uno schifo - scrive un altro - 3 anni per una visita pneumatologica". All'ospedale di Cento si parla di "tempi biblici" per le gastroscopie, fino a "14 mesi". Al Maggiore di Bologna, invece, due segnalazioni riguardano l’oculistica: chi per una esame ha atteso 5 mesi e chi sarebbe stata "tenuta in lista d'attesa sei mesi, poi quando mi hanno telefonato altri sei mesi per avere l'appuntamento". Non mancano le lamentele per gli spostamenti fuori città per fare le visite. Oppure quelle di chi sostiene che per eliminare la coda basta mettere mano al portafogli: "Due anni per fare una cataratta", mentre "privatamente" si risolverebbe tutto in un mese versando "1.800 euro". "Una persona anziana che conosco bene - si legge tra le testimonianze raccolte - ha prenotato una visita e gli toccava quasi dopo un anno.
A pagamento, con lo stesso dottore, l'ha fatta 4 giorni dopo. A 79 anni, avendo la possibilità, ha preferito pagare non sapendo se all'anno dopo ci arrivava". È uno sfogo: "Si fa prima a morire che a fare una visita".4) continua
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