Sanremo. Insomma, questa è un'intimazione di sfratto. Il fuoco di fila di esponenti politici vicino al Governo contro il Festival di Sanremo potrebbe trasformarsi nell'atto finale degli attuali vertici Rai. Le richieste di dimissioni sono arrivate, tra i tanti, da Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera e dal neo sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi. Si arriva a definire il tutto «killeraggio politico», proprio nei giorni delle elezioni, da parte del vice capogruppo FdI Manlio Messina. Mentre la presidente dei senatori Pd Simona Malpezzi evoca addirittura «aria di Minculpop».
A strappare la corda già sfilacciata che teneva ancora insieme l'attuale governance Rai con Palazzo Chigi, sono state due bufere: quella sulle parole dette da Fedez e quella sulla presenza in video, poi trasformata in lettera scritta, del presidente ucraino Zelensky. Il rapper che, al solito, ha teso un tranello ai responsabili Rai (che, come successo due anni fa al Primo Maggio, ci sono ricascati in pieno), ha fatto qualsiasi cosa per provocare: giovedì notte dalla plancia della Costa Crociere ha attaccato via rap il vice ministro Bignami strappando una vecchia foto in cui si vede vestito da nazista, venerdì sul palco dell'Ariston ha invocato insieme a J-Ax la legalizzazione della cannabis. Insomma, argomenti scelti apposta per fare infuriare l'intero arco di centrodestra. E, nonostante tutto, ieri era in prima fila in platea per seguire la moglie Ferragni co-conduttrice. Gli esponenti politici chiedono se il direttore artistico del Festival Amadeus - il quale, nel frattempo, gongola per gli ascolti - e il direttore Prime Time Stefano Coletta fossero a conoscenza dei testi del rapper e perché non è stato fatto un controllo. Domande scatenate dalla rivelazione di un quotidiano che lo show sarebbe stato visto prima della messa in onda, fatto decisamente smentito dalla Rai. Risponde Coletta profondamente irritato: «Chiedere le dimissioni di un direttore perché non può sapere cosa dice un artista in diretta è un atto di inciviltà. Allora si sarebbero dovuti dimettere tutti i direttori della storia della Rai». E ricostruisce: «Fedez ci ha detto all'ultimo momento che voleva cambiare il testo della sua canzone. Gli abbiamo chiesto di darci il nuovo testo ma si è rifiutato di consegnarcelo. Gli abbiamo chiesto, come fatto con tutti i cantanti, che non ci fossero riferimenti politici, in ogni caso visto che stavamo andando in onda non potevamo certo impedirgli di esibirsi. Il giorno dopo mi sono totalmente dissociato dalla sua performance». Stesso discorso per l'invito a legalizzare le droghe leggere: «Non posso e non devo sapere cosa dice un artista durante una diretta». «Invece di festeggiare gli ottimi risultati del Festival (quarta serata al 66 per cento di share) e l'ottimo prodotto realizzato - si è sfogato il direttore - stiamo solo a subire strumentalizzazioni politiche».
In conclusione, dopo questo Sanremo, per l'amministratore delegato Carlo Fuortes, espressione dell'ala di sinistra del governo Draghi, la situazione si fa ancora più difficile. Da mesi i consiglieri di amministrazione vicini alla maggioranza (Igor De Biasio per la Lega e Simona Agnes per Forza Italia) stanno cercando il modo per costringerlo alla dimissioni, ma finora la premier Meloni aveva deciso di lasciarlo al suo posto. Le palle alzate da Fedez e schiacciate da mezzo governo, forse convinceranno la presidente del Consiglio a cambiare la governance.
A prendere le difese degli organizzatori del Festival, invece, è la consigliera Rai Francesca Bria, in quota Pd: «Come si fa a chiedere una censura preventiva?», si domanda. Dunque, in Cda nei prossimi giorni si combatterà l'ultima battaglia.
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