Ancora un anno e nove mesi di tempo: narcisisti, deboli di nervi, fanatici, complessati, insomma tutti quelli che in magistratura non dovrebbero entrarci anche sapendo a memoria tutti i codici, hanno tempo fino al dicembre 2025 per sperare ugualmente di farcela. Il decreto approvato martedì sera dal governo Meloni prevede che i test psicoattitudinali vengano previsti nei concorsi per aspiranti magistrati solo a partire dal 2026. Nel frattempo si saranno banditi due o tre concorsi per centinaia di nuovi posti, e si continuerà a fare entrare nel sistema-Giustizia anche chi sarebbe stato scartato come poliziotto o pompiere.
È una dilazione solo apparentemente priva di spiegazione. In realtà il lungo rinvio sembra figlio dei tanti aggiustamenti che hanno accompagnato fino all'ultimo istante l'iter del decreto, bersagliato incessantemente dalle critiche dell'Associazione nazionale magistrati. Anche ieri, a decreto emanato, i vip delle toghe continuano a infierire (uno per tutti, Edmondo Bruti Liberati: «il cattivo sapore di una proposta che ha avuto come primo proponente Licio Gelli»). Ma all'Anm sanno bene di avere in realtà ottenuto concessioni sostanziali, seminascoste nel testo del provvedimento, steso in buona parte dai magistrati distaccati al ministero.
I test psicoattitudinali in un modo o nell'altro si faranno, e questa è una svolta quasi epocale. Ma i tempi e le modalità previste dal decreto smussano il vero timore dell'Anm, e cioè che il Consiglio superiore della magistratura perdesse il controllo assoluto sugli ingressi. È un controllo che il Csm esercita da decenni, attraverso la nomina lottizzata delle commissioni d'esame, e che non viene scalfito nella sostanza. Sarà il Csm a scegliere i test, sarà il Csm a individuare i docenti universitari di psicologia da aggiungere «in sovrannumero» alla commissione d'esame. Sarà il presidente della seduta, un magistrato e non uno psicologo, a dirigere i test, e sarà la commissione, del tutto digiuna di psicologia, a decidere se il test è stato superato o meno. Facile immaginare come andrà a finire.
Basta questo a liquidare il decreto, come fa qualcuno ieri in Csm, solo come «uno spot massmediatico»? Sicuramente no. Però le tracce del lavoro di lobbying delle toghe per annacquare il più possibile il provvedimento si vedono anche in altri articoli. Basti pensare al cosiddetto «fascicolo del magistrato», la raccolta degli atti compiuti negli ultimi anni in base ai quali si valuteranno gli avanzamenti di carriera. Dovevano esserci tutti gli atti, strafalcioni compresi. Le toghe si erano opposte. Il ministro Nordio aveva mediato, prevedendo nel testo originario che gli atti venissero inseriti «a campione», ovvero a caso.
A quel punto avevano protestato gli esponenti del fronte garantista, ed ecco la soluzione: nel fascicolo dovranno approdare «almeno un terzo» dei mandati di cattura o dei provvedimenti riguardanti minorenni, gli altri atti saranno «scelti a campione sulla base di criteri scelti dal Csm in modo tale che il numero dei provvedimenti sia idoneo a dare effettiva rappresentazione del singolo magistrato per ogni anno in valutazione». Una formula talmente vaga da far temere che le cifre di magistrati promossi non scendano molto al di sotto del 99 per cento attuale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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