Venere in pelliccia addio. Visone, zibellino, volpe, martora, leopardo (quello a dire il vero era vietato già da parecchio)... stanno per estinguersi dagli armadi delle signore. In linea con un mondo che cambia, coerentemente al rispetto per l'ambiente, alla sostenibilità, al cruelty free, e ad una nuova coscienza che pervade ogni aspetto della vita, sta per finire l'era delle pellicce naturali. Che poi siamo realisti, complice il riscaldamento globale, salvo a determinate latitudini, chi ha ormai davvero bisogno di una «shuba» russa (è lì che è nata e se ne comprendono bene le ragioni) per stare al caldo?
Niente più ostentazioni a dispetto di quelle bestioline ignare. Perché sì, la pelliccia è sempre stata uno dei simboli di ricchezza per eccellenza: lunghe fino ai piedi, a giacca, a stola, rivisitate a gilet, colorate, vaporose, rasate... purché di pelo. Vero. Uno status, come certi orologi, determinate macchine, i diamanti gialli. Negli anni Cinquanta, i mariti che potevano, regalavano alle mogli soffici pellicce: un segno del fatto di essere arrivati più vicini a dove volevano trovarsi. Sessanta-cinquanta pelli. Tante ne servivano per avvolgere una signora fino alle caviglie che sotto sfoggiasse un abito da sera o un negligée. Ma è finita. Basta orrori e basta animali cresciuti in minuscole gabbie con l'unica prospettiva di essere scuoiati. Ci si mette comodi e caldi nell'era dei piumini e dei giubbotti sintetici.
Con la manovra scatta il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e uccisione degli animali da pelliccia, come prevede un emendamento, a prima firma della capogruppo di Leu al Senato, Loredana De Petris (nella foto), approvato dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama. La misura consente una deroga agli allevamenti per mantenere gli animali già presenti nelle strutture non oltre il 30 giugno 2022. E verranno stanziati 3 milioni di euro per il 2022 per indennizzare gli allevamenti. «Una norma attesa da tempo e che ci pone in linea con altri Paesi europei e del resto del mondo che hanno constatato quanto sia inutilmente crudele allevare in cattività questi animali per farne oggetto di vetusta vanità». Ha commentato la senatrice M5S Gisella Naturale, capogruppo della commissione agricoltura di Palazzo Madama, circa l'emendamento alla manovra che vieta l'allevamento, la riproduzione in cattività, la cattura e l'uccisione di animali da pelliccia, e sulla creazione del fondo di 3 milioni per indennizzare gli allevatori. «La questione assume connotati attualissimi anche per la diffusione di virus anche attraverso gli allevamenti intensivi», ha spiegato sottolineando che «a questa ottima notizia si aggiunge lo stanziamento di ulteriori 2 milioni alla prevenzione del randagismo, frutto di un mio emendamento che, unitamente agli 8 milioni in favore dei rifugi per animali nei comuni in stato di predissesto o dissesto finanziario, rappresentano un ausilio richiesto dai territori per garantire protezione e cure ai cani in attesa di adozione, oltre che incrementare le sterilizzazioni».
Dopo anni di dibattiti, schieramenti,
manifestazioni e imbrattamenti con la vernice, si è mossa la politica per dismettere le pellicce. Perché l'Italia perda il pelo e anche il vizio. E perché il glamour può ben fare un passo indietro, in favore della civiltà.
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