Saviano doppiopesista. Può offendere chiunque ma querela chi lo critica

Fa causa ogni volta che si sente leso. Però rivendica il "bastarda" rivolto al premier

Saviano doppiopesista. Può offendere chiunque ma querela chi lo critica

Le querele hanno le gambe corte. E allora ecco Roberto Saviano, indignato dopo il rinvio a giudizio per diffamazione ai danni del premier Giorgia Meloni, che difende il suo presunto diritto di chiamare «bastarda» un allora leader di partito: «Ritengo singolare che uno scrittore venga processato per le parole che spende, per quanto dure esse siano». Dal vietato vietare della sinistra sessantottina al vietato querelare di Saviano. Un divieto che vale solo se a essere citato è lui e non viceversa. Eh sì perché l'autore di Gomorra, quando si sente offeso, non esita a querelare.

Prendiamo Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia. Siamo a ottobre del 2017 e Saviano decide di trascinare in giudizio il politico. «Cambiare canale, evitare Fabio Fazio che fa parlare il pregiudicato Saviano», il tweet digitato da Gasparri mentre il bestsellerista è ospite di Che Tempo che Fa per presentare il suo libro «Bacio feroce». Il cinguettio manda su tutte le furie lo scrittore. «È stato da tempo condannato per plagio in via definitiva», la spiegazione del parlamentare. Ma non serve. «Agirò in sede penale e civile. È probabile che Gasparri si nasconderà dietro l'immunità parlamentare, ma io attenderò, perché Gasparri è un pericolo per la democrazia», il contro tweet dello scrittore. «Il risarcimento andrà alle Ong», annuncia Saviano. Solo che non se ne fa nulla, perché la Giunta delle immunità del Senato nega l'autorizzazione a procedere per Gasparri.

Andiamo avanti, anzi indietro. A marzo del 2011 scoppia il caso Marta Herling, che è la nipote di Benedetto Croce. Tutto nasce da uno dei monologhi televisivi di Saviano, raccolti nel volume Vieni via con me. Lo scrittore ricostruisce il terremoto di Casamicciola, Ischia, del 1883. Una tragedia che uccise tutta la famiglia del filosofo liberale, allora diciassettenne. «Per molte ore il padre gli parlò, prima di spegnersi. Gli disse: "Offri centomila lire a chi ti salva"», scrive Saviano. Herling risponde per le rime in una lettera inviata al Corriere del Mezzogiorno: «Saviano inventa storie». Si apre una disputa sulle fonti storiche dell'attuale penna del Corriere della Sera, fatto sta che l'esperto di criminalità organizzata si sente vittima di «una campagna diffamatoria». Altra querela, con richiesta di risarcimento totale di 4,7 milioni di euro indirizzata alla Herling, alla casa editrice che pubblica il dorso napoletano di Via Solferino, alla Rai e al vicedirettore del Tg1 Gennaro Sangiuliano, ora ministro della Cultura.

Portiamo indietro ancora un po' le lancette dell'orologio della storia. Ed ecco la querela, presentata nel 2008, contro Ferdinando Terlizzi, storico cronista di giudiziaria casertano, all'epoca dei fatti ultrasettantenne. Saviano si inalbera per una recensione pubblicata sul sito casertasette.it. Un pezzo su un altro libro in cui l'autore accusava lo scrittore di aver inserito in Gomorra alcuni episodi inventati. Piccola nota di colore: la citazione in giudizio in prima battuta arriva a un omonimo del giornalista di Caserta, un postino di Lodi di 35 anni. «Saviano ha querelato tutti, stavolta lo cito io», conferma ieri il cronista Simone Di Meo che ha querelato l'intellettuale per un articolo di Repubblica in cui si scagliava contro la professionalità di Di Meo.

Parentesi chiusa, proseguiamo con le querele sporte da Saviano.

Lo scrittore, che ha esordito scrivendo sul Manifesto, nel 2011 querela un altro giornale comunista, Liberazione e l'autore dei pezzi Paolo Persichetti, ex brigatista. Il duello stavolta è su Peppino Impastato, ma il procedimento viene archiviato due anni dopo. Le querele hanno le gambe corte.

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