Il sindaco di Corigliano Calabro è solo l'ultimo, di una lunga fila di sindaci del Mezzogiorno a dare ragione a Roberto Maroni, il governatore lombardo che nelle scorse ore ha tuonato contro il piano di accoglienza degli immigrati proposto (o meglio imposto) agli amministratori locali da parte del Viminale.
Il caso di Corigliano Calabro
Il primo cittadino del comune calabrese, Giuseppe Geraci, di centrodestra, alza la voce dopo l'arrivo di 475 migranti giunti questa mattina a bordo della nave Driade della Marina Militare. "Sono pienamente d'accordo con la posizione del Presidente della Lombardia, Roberto Maroni, perchè il nostro impegno non può durare all'infinito. Noi non siamo razzisti - ha aggiunto - ma ora la situazione è diventata insostenibile. Come Comune non riusciamo più a far fronte alle spese per garantire assistenza e accoglienza ai migranti." Geraci spiega di aver fatto presente le proprie difficoltà, anche di bilancio alla Prefettura, ma ha aggiunto che la frequenza degli sbarchi è tale da non consentire nemmeno una rendicontazione precisa delle spese: "Al momento non ci sono ancora gli autobus per trasferire i migranti", spiega furibondo.
Anche il Pd dà ragione a Maroni
Ma Geraci non è l'unico, e a protestare per la gestione dell'emergenza immigrazione da parte del governo sono anche gli amministratori di centrosinistra. Come il sindaco piddì di Centola (Salerno), Carmelo Stanziola, che a Panorama spiegava, poco più di un mese fa: "Sono andato in Prefettura a dire che se provano a mandarmi anche un solo immigrato in più di quelli che già accogliamo, sarò costretto a reagire. Non farò come il mio predecessore, che ne accolse 120-130: non possiamo riempirci d’immigrati che passeggiano per le strade in attesa che qualcuno gli dia una giornata di lavoro. Noi siamo una località turistica".
Nel 2014 nella frazione di Palinuro il centro di accoglienza della Caritas fu teatro di risse e rivolte, che rimangono ancora molto vive nella memoria di Stanziola.
Stessa solfa a Rosarno, altra località celebre per le rivolte degli immigrati che nel 2010 protestavano contro condizioni di vita insopportabili: il primo cittadino Elisabetta Tripodi è nettissima, "non si possono aprire le porte a tutti."
L'urlo dei sindaci: "Roma ci lascia soli"
Il coro di chi si lamenta per uno Stato che si fa vivo solo al momento di presentare il conto comprende anche il sindaco di Pozzallo Luigi Ammatuna, del Pd e il collega M5S di Ragusa Federico Piccitto, che attacca: "lo Stato provoca il razzismo degli italiani."
"Se a Pozzallo sbarca un minore, per legge, lo devo prendere in carico io come Comune, spendendo 60-70 euro al giorno - spiega Piccitto - Ma io quei soldi non li ho e se li avessi e li spendessi per quel minore i miei concittadini direbbero che mi occupo più dei migranti che degli italiani. E avrebbero ragione."
Le promesse mancate del governo
Tre mesi fa, a inizio marzo, una delegazione di sindaci del Mezzogiorno (Salerno, Trapani, Augusta, Pozzallo, Reggio Calabria...
) aveva chiesto un incontro con Angelino Alfano per coordinare la gestione dell'emergenza immigrazione: "non ci sottraiamo all'impegno - spiegava il sindaco di Taranto Ippazio Stefano - ma vogliamo misure certe e linee operative condivise".Di vertici ce ne sono stati, ma con l'estate che avanza la marea dei sindaci che si sentono abbandonati non accenna a diminuire.
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