Lo scaricabarile europeo che nega le ragioni del Cav

La Corte di Strasburgo dichiara irricevibile il ricorso di Berlusconi sul caso delle quote Mediolanum

Lo scaricabarile europeo che nega le ragioni del Cav

Nel frattempo Silvio Berlusconi ha scontato la sua pena, è stato riabilitato, è tornato in Senato. Ma la battaglia del Cavaliere contro il marchio che prima la Banca d'Italia e poi la Banca Centrale Europea gli rifilarono ai tempi della condanna, accusandolo di avere perso i «requisiti di onorabilità», va a scontrarsi un'altra volta con il muro di gomma della giustizia europea. La Corte dei diritti dell'Uomo di Strasburgo, dopo una istruttoria di tre anni, dichiara «irricevibile» il ricorso di Berlusconi - e quello parallelo di Fininvest - contro il provvedimento delle autorità bancarie che gli avevano imposto di rinunciare alle quote del gruppo Mediolanum per mancanza del suddetto requisito. E questo nonostante una sentenza già diventata definitiva in Italia, quella del Consiglio di Stato che dichiarava illegittimo il provvedimento di Bankitalia. La Corte dei diritti dell'Uomo rimanda la palla ad un altro organismo della giustizia internazionale, la Corte di giustizia europea. Prima di un altro anno sarà difficile che si arrivi a sentenza.

La decisione di ieri a Strasburgo viene presa da tre giudici di cui due di lingua italiana: il sanmarinese a doppio passaporto Gilberto Felici e il napoletano Raffaele Sabato, nominato al tempo del primo governo Conte. Sono loro a respingere al mittente il nuovo tentativo del leader di Forza Italia di ottenere in Europa la giustizia che in patria ritiene gli sia stata spesso negata.

Nell'ottobre del 2014 Banca d'Italia aveva ordinato a Fininvest di dismetterle, intestandole a un trust, le quote di Mediolanum sopra alla soglia del 9,98 per cento. Il gruppo avrebbe dovuto rinunciare quasi ai due terzi della sua partecipazione storica nella creatura di Ennio Doris: colpa di Fininvest, avere come azionista di riferimento Berlusconi, condannato nella vicenda dei diritti tv.

Da quel momento sia Berlusconi che la Fininvest avviano un braccio di ferro su più versanti contro il provvedimento.
Nel 2016 il Consiglio di Stato dà ragione al Cavaliere specificando che la sua decisione resta valida anche davanti al cambiamento di natura di Mediolanum, divenuta nel frattempo banca. Ma su proposta di Bankitalia anche la Banca centrale europea conferma: Berlusconi e Fininvest devono cedere le loro quote.

Lo scontro si sposta in Europa dove va per le lunghe: il ricorso davanti al tribunale di giustizia in Lussemburgo si trascina per anni, un giudice muore, un altro viene cacciato in seguito a uno scandalo, nello scorso maggio arriva la sentenza che dà torto al Cav. In questo avanti e indietro per l'Europa, Berlusconi chiedeva a Strasburgo che l'Italia venisse condannata per non avergli garantito un giusto processo, privandolo degli effetti della sentenza definitiva che gli dava ragione. Niente da fare, Strasburgo ieri passa la palla a Lussemburgo. Se ne riparla chissà quando.
Ai tempi lunghi della giustizia europea, d'altronde, l'ex presidente del Consiglio è abituato. Al ricorso contro la decadenza impostagli con la legge Severino ha rinunciato nel novembre 2018, dopo cinque anni di attesa, visto che ormai la decadenza era cessata.

È ancora in piedi l'altro ricorso, quello contro la condanna inflittagli in Cassazione dal giudice Antonio Esposito: il ricorso è lì addirittura da otto anni, recentemente il giudice Esposito ha cercato nuovamente di depositare atti a difesa del proprio operato, stavolta la Corte gli ha detto di no spiegando che ormai la discussione è chiusa.

Dovrebbe voler dire che una sentenza è vicina. Forse.

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