L'ora dei dazi è arrivata. La scure del presidente Donald Trump si abbatte in queste ore su Cina, Messico e Cina, con la promessa di barriere del 10 per cento sulle merci in arrivo dal Dragone, e del 25 per cento su quelle dai due Paesi confinanti. Ma presto, stando alle minacce del tycoon, potrebbe scagliarsi anche contro l'Unione Europea, che si dice pronta a «difendersi».
Venerdì sera Trump ha confermato l'intenzione di tenere fede alla sua agenda elettorale, pur ammettendo che la decisione di imporre i dazi potrebbe creare «qualche problema a breve termine». Ma «gli americani capiranno», precisa, dicendosi convinto che i dazi renderanno gli Stati Uniti «molto ricchi», poiché «non causano inflazione, ma successo». Quanto al crollo registrato a Wall Street dopo il suo annuncio, Trump sostiene di non essere preoccupato. Gli Stati Uniti, sottolinea ancora, dal 1° febbraio impongono tariffe su «prodotti farmaceutici e acciaio», poi su «microchip, petrolio e gas» (su questi tre prodotti arriveranno presto, «attorno al 18 febbraio»). Trump parla di barriere anche su «medicine, alluminio e rami», pur senza dare dettagli sui tempi dell'introduzione.
Quanto alle eventuali reazioni dei Paesi colpiti, il tycoon spiega che i dazi «non sono armi per negoziare». Sta di fatto che le tasse sulle importazioni avranno un peso sulle tasche degli americani che, secondo uno studio dell'università di Yale, si tradurrà in 1.300 dollari di spese annuali in più per famiglia. Erica York, vicepresidente della politica fiscale federale per la Tax Foundation, afferma invece che secondo la loro analisi il piano di Trump ammonterebbe a un aumento delle tasse di oltre 100 miliardi di dollari l'anno, e i consumatori potrebbero notare prezzi più alti su una vasta gamma di prodotti. Il Messico è una delle principali fonti di prodotti freschi, come gli avocado, soprattutto nei mesi invernali. Mentre dalla Cina potrebbero essere colpiti dispositivi elettronici come cellulari, articoli di abbigliamento e giocattoli. E Rachel Ziemba, ricercatrice presso il Center for a New American Security, aggiunge che pure l'industria automobilistica potrebbe essere duramente colpita, rischiando di far aumentare i costi di produzione e i prezzi di listino per gli acquirenti: «Il settore automobilistico canadese, messicano e americano sono fortemente interconnessi con il trasporto di parti attraverso il confine che vanno avanti e indietro molte volte», dice.
Il Wall Street Journal ritiene che si tratti della «guerra commerciale più stupida della storia» e, in ultimi analisi, finirà per rallentare l'economia a stelle e strisce. In un editoriale del board si critica in particolare l'imposizione di tariffe più alta per i vicini degli Stati Uniti rispetto a quelle contro l'avversario cinese. E se Messico e Cina tacciono (ma hanno già preparato il loro pacchetti di dazi in risposta a quelli americani), il Canada reagisce con irritazione, con il candidato premier Mark Carney che accusa il presidente di essere un «bullo». Parlando in esclusiva a Bbc Newsnight, il favorito a diventare il prossimo primo ministro al posto di Justin Trudeau avverte che il suo Paese «risponderà, dollaro per dollaro, ai dazi statunitensi».
Da Bruxelles, invece, un portavoce un portavoce della Commissione europea risponde che «l'Ue resterà fedele ai suoi principi e, se necessario, sarà pronta a difendere i propri interessi legittimi».
Richiamando poi le posizioni espresse nei giorni scorsi dalla presidente Ursula von der Leyen e dal commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, e sottolineando la fermezza dell'Europa di fronte a possibili misure protezionistiche.
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