Schiacciata da Trump e indebolita: Ue in bilico

Braccio di ferro con Londra decisivo per l'Europa, in crisi di leadership da Parigi a Berlino

Schiacciata da Trump e indebolita: Ue in bilico

Stretta fra il nazionalismo di Donald Trump, il tramonto di Angela Merkel e la discesa vertiginosa di Emmanuel Macron, l'Europa aspetta di capire se Theresa May riuscirà a resistere in patria dopo l'accordo «tecnico» faticosamente raggiunto tra gli sherpa britannici e quelli europei sulla Brexit.

In queste ore l'intesa è anche all'esame di tutti gli Stati membri, con gli ambasciatori dei 27 Paesi membri riuniti per condividere le loro valutazioni. I diplomatici daranno poi mandato alla Commissione perché metta a punto la dichiarazione politica comune sulle future relazioni tra Gran Bretagna e Ue, un testo che la Commissione intende concordare con il Regno Unito entro martedì. Seguiranno 48 ore di valutazione e giovedì si concluderà il lavoro degli sherpa. In attesa del fatidico vertice di domenica 25, ora di inizio: le 9.30. Sempre che «nel frattempo non accada niente di straordinario» dice il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. E in effetti a Londra Theresa May potrebbe anche essere sfiduciata dal suo partito già dalla prossima settimana.

Fiato sospeso, insomma. Da Bruxelles si aspetta l'esito del braccio di ferro in corso ai piedi del Big Ben, tra voglia di rivalsa e l'amara consapevolezza che l'uscita del Regno Unito indebolisce l'Unione in un momento particolarmente difficile. Le tensioni con gli Stati Uniti restano forti e si sono perfino acuite dopo la visita di Donald Trump la scorsa settimana a Parigi, alle commemorazioni per il centenario dell'armistizio della Grande Guerra. Il leader Usa non ha gradito il discorso di Macron contro i nazionalismi e la proposta di creare un esercito europeo, immediatamente raccolta e rilanciata anche dalla cancelliera tedesca. A pagarne le spese sarebbe stata proprio Theresa May, che in un'incauta telefonata al presidente americano ha tentato di congratularsi per il successo dei repubblicani al Senato, nel voto di Midterm, dimenticando il flop alla Camera. In quelli che sono stati definiti dal Washington Post «i cinque giorni di furia del presidente», tra l'esito deludente delle elezioni di medio termine e il viaggio in Europa, pare che Trump sia esploso rimproverando la premier inglese di non sostenerlo sull'Iran, criticando la sua linea sulla Brexit e lamentandosi degli accordi commerciali considerati iniqui con la Ue.

È in questo contesto, mentre The Donald invita Macron a «pagare per la Nato» invece che pensare a un esercito europeo e gli ricorda che a Parigi «avevano iniziato a imparare il tedesco prima che arrivassero gli Stati Uniti», che le istituzioni europee aspettano la fatidica data del 29 marzo 2019, giorno dell'uscita del Regno Unito dalla Ue. Tra moniti e rammarico. Tusk nei giorni scorsi ha usato un tono quasi commovente con «gli amici inglesi»: «Triste come sono di vedervi partire - ha scritto il presidente del Consiglio europeo - farò tutto per rendere questo addio il meno doloroso possibile, sia per voi che per noi». All'opposto, invece, lo stile del ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire, prova che una parte dell'Europa non digerisce la Brexit e vuole che serva da monito per gli altri Stati membri: «C'è una lezione da trarre. La Brexit dimostra che abbandonare il mercato unico ha un costo esorbitante e potrebbe portare a un incubo. La Ue ha un mercato unico che ha una forza e protegge». Nelle stesse ore il capo negoziatore Michel Barnier ricordava: «Londra deve essere pronta ad affrontare le conseguenze della Brexit».

Lo faceva a proposito della sicurezza, in merito all'accesso ai database europei, dalle liste passeggeri degli aerei alle agenzie Europol ed Eurojust, sul quale si prevedono ulteriori «difficili negoziati». «Il Regno Unito non accetta tutte le conseguenze del suo status di Paese terzo», dice Barnier. Ma anche l'Europa sembra faticare a digerire l'addio.

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