Salvini e Macron: i due volti dell'Europa che oggi si prendono a schiaffi. Anche soltanto a guardarli sembrano dipinti per andare in perfetto disaccordo. Distanti in tutto dall'abbigliamento al tono usato nei discorsi pubblici così come sono distanti i loro rispettivi percorsi politici. Il vicepremier leghista e il presidente francese incarnano anche fisicamente due spinte opposte: quella sovranista ad alzo zero contro l'immigrazione e quella progressista. I primi dicono che i flussi vanno fermati, i secondi che vanno gestiti contemperando sicurezza e solidarietà.
Così mentre Salvini incontra il premier ungherese Viktor Orban per rinsaldare la collaborazione con i paesi di Visegrad con l'obiettivo di spostare verso destra gli equilibri della Ue, Macron compie il suo pellegrinaggio lungo i paesi scandinavi per restare in primo piano autocandidandosi a baluardo contro il dilagare del populismo e del nazionalismo. In ballo ovviamente non c'è soltanto il tema dell'immigrazione ma gli interessi economici legati ai paesi dai quali quell'immigrazione proviene e soprattutto il progetto più ambizioso che sta a cuore al ministro dell'Interno: una nuova Europa. Quale? Lo ha spiegato chiaramente in un tweet Marine Le Pen commentando l'incontro Orban-Salvini: «La scelta degli europei nel 2019 sarà fra l'Ue di Macron, verso il federalismo e l'immigrazione di massa, e l'Europa delle nazioni libere, delle identità e delle protezioni che noi rappresentiamo».
Ovvio che i due si prendano a sberle, in senso metaforico. Il primo colpo lo hanno sparato da Milano Salvini e il premier ungherese accusando Macron di essere alla guida di un paese europeo che sostiene l'immigrazione illegale.
Pronta la replica del presidente francese. «Se hanno voluto vedere in me il loro oppositore principale, hanno ragione - ribatte Macron - Nei prossimi mesi dovremo prendere delle decisioni approfondite per trattare i temi delle migrazioni restando attaccati ai nostri valori, come il diritto di asilo, con una vera politica nei confronti dei Paesi d'origine e all'interno». Macron guarda al prossimo Consiglio europeo in programma per il 20 settembre a Salisburgo ricordando che in Europa «c'è una contrapposizione forte fra nazionalisti e progressisti» promettendo di non cedere «nulla ai nazionalisti e a chi sostiene questo discorso di odio».
Ma Salvini ha la replica facile visto che e la popolarità di Macron in Francia è precipitata ai minimo storici. «Il principale avversario di Macron, sondaggi alla mano, è il popolo francese - ironizza il leader leghista - Anziché dare lezioni agli altri governi spalanchi le proprie frontiere, a partire da quella di Ventimiglia. E la smetta di destabilizzare la Libia per interessi economici». La Libia appunto con la quale Salvini vuole intessere un rapporto privilegiato scalzando per quanto possibile la Francia.
E di rapporti con la Libia, da sempre cruciali per il nostro paese ha parlato pure l'altro vicepremier, Luigi Di Maio, che ieri ha incontrato il presidente egiziano Al Sisi. «L'Egitto è un paese che ci è sempre stato amico: le nostre relazioni possono essere un'occasione ulteriore per stabilizzare la situazione in Libia». Ma ad offuscare queste relazioni c'è aperto e ancora irrisolto il caso Regeni.
Di Maio prefigura una svolta entro la fine dell'anno riferendo una frase di Al Sisi: «Giulio Regeni è uno di noi». Frase che ovviamente non ha mancato di suscitare polemiche e di fronte alla quale la famiglia di Regeni non ha voluto fare commenti.
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